Ci sono storie che meritano di essere raccontate, tramandate o riscoperte, nel caso in cui su di loro cada, come foglie d’autunno, la patina del tempo e della dimenticanza.
Ci sono personaggi che dal nulla riescono a dare un senso alla propria vita, a renderla memorabile, affinché questa meriti di essere ricordata, visto che il ricordo anche a distanza di tanti anni, può ispirare le persone e perchè no renderle anche migliori.
Quella che vogliamo raccontarvi oggi è la storia di Bruno Sammartino
La storia di una ragazzo che dal natio borgo, incastonato tra i monti d’Abruzzo è diventato, quasi per caso, uno dei più grandi e iconici wrestler nella storia del wrestling professionistico.
Bruno Leopoldo Francesco Sammartino nasce il 6 ottobre 1935 a Pizzoferrato, borgo di mille anime scarse che sorge all’interno del Parco Nazionale della Maiella.
Gli anni giovanili sono durissimi per il piccolo Bruno che cresce tra fame, miseria e povertà, spiacevoli compagne di vita che, spesso e volentieri, si annidavano sotto la propaganda e la finta grandeur imperialistica del Duce.
Intorno ai quindici anni però le valli, i boschi e le vette arcigne d’Abruzzo spariscono dal volto (ma non dal cuore) di Sammartino che, insieme alla giovane madre, si trasferisce a Pittsburgh negli Stati Uniti. Una meta che, soprattutto per gli italiani, ha spesso incarnato il volto di un lavoro certo, di stabilità economica e di un futuro che, a differenza dei panorami italici, sembrava ricco di opportunità e benevolo quasi per tutti.
La realtà però è molto più prosaica ed anche nel paese a stelle e strisce le difficoltà non mancano
Papà Alfonso però grazie al duro lavoro in fabbrica riesce a garantire un minimo di stabilità alla sua famiglia. Bruno, a differenza di ciò che diverrà, è un ragazzetto magro e malaticcio che, grazie alle conoscenze dei medici americani, scopre di soffrire di febbre reumatiche. Una diagnosi che per molti non avrebbe nulla di benevolo ma a Bruno fornirà, più o meno involontariamente i giusti mezzi per diventare un fenomenale lottatore sul ring.
Oltre alle medicine e, un pò per gioco, Sammartino inizia ad avvicinarsi al mondo del culturismo (oggi diremo bodybuilding) e tra una seduta di pesi ed una di lotta, Bruno si crea una carriera straordinaria lastricata di successi.
Nel 1963 approda alla World Wide Wrestling Federation (WWWF) e pochi mesi dopo, il 17 maggio di quello stesso anno, vince il suo primo WWWF World Heavyweight Championship contro “The Nature Boy” Buddy Rogers, avversario che sconfigge in 48 secondi.
I primi riconoscimenti
Bruno è diventato ormai un colosso, non tanto per l’altezza “normale” (178 centimetri) quanto per i 120 chili di muscoli e determinazione che in breve tempo ne hanno fatto un’autentica leggenda .
Il suo regno da campione è tutt’ora considerato come uno dei più lunghi e longevi nella storia del wrestling, con una durata di oltre 11 anni (che va dal 1963 al 1971 e poi dal 1973 al 1977). Una carriera unica celebrata il 29 agosto 1987 con l’ultimo match che lo vide salire sul ring in coppia con Hulk Hogan, altra incrollabile icona del wrestling mondiale che da Sammartino raccolse fisicamente e simbolicamente il testimone di autentica leggenda vivente.
Il 6 aprile 2013 al Madison Square Garden Bruno Sammartino, accompagnato dall’amico fraterno Arnold Schwarzenegger entrare a far parte della WWE Hall of Fame rendendo indelebile il suo impatto sul wrestling professionistico, che tutt’ora rimane indimenticabile per i fan di tutto il mondo.
Sammartino è stato un eroe per molti fan del wrestling e un importante ambasciatore per lo sport. Era noto per la sua forza fisica, la sua resistenza e la sua capacità di sopportare una grande quantità di dolore durante i suoi incontri. Fu anche uno dei primi wrestler ad attirare grandi folle nei grandi stadi, contribuendo così alla popolarità del wrestling negli anni ’60 e ’70.
Non ha mai dimenticato le sue origini ed il suo Abruzzo: nel 2011 prese parte, come ospite speciale, a uno show della Adriatic Wrestling League (AWL), minuscola federazione abruzzese. Poco prima di morire, forse travolto dai ricordi d’infanzia, dalle emozioni e dalla nostalgia tornò nella sua Pizzoferrato. Si spense il 18 aprile del 2018 a Pittsburg: nonostante la sua grande celebrità, in Italia, solo la sua gente, nella natia Pizzoferrato lo ha omaggiato di una statua.
Eppure Bruno fu un campione anche fuori dal ring «Ai miei primi incontri – raccontava in un’intervista – il pubblico era formato soprattutto da emigrati greci, spagnoli, e da tanti italiani. Si rivedevano in me, nella mia storia. Ero uno come loro, uno che lottava. A vedermi combattere venivano talmente tante persone che anche gli americani dovettero accettare il fatto che Bruno Sammartino era diventato qualcuno. Una volta al mese riempivo il Madison Square Garden, ventiduemila spettatori paganti, ma io non ho mai dimenticato da dove vengo“.
Si dice che la Disney s’ispirò a lui per creare “Shrek” l’imponente orco verde dal cuore d’oro. Non sappiamo se questa sia un semplice leggenda o realtà quel che è certo è che la storia di Bruno Sammartino sta lì ad insegnarci che nella vita come nello sport, credere in sè stessi resta il miglior viatico per diventare qualcuno.
- Simone Cortese
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