Una celebre locuzione latina recita: “Nemo Propheta in Patria”, una frase dall’incerta paternità che sta a significare la difficoltà delle persone ad emergere ed affermarsi nella propria terra. Quattro semplici parole che potrebbero calzare a pennello per il protagonista di questo articolo. Dopo avervi raccontato la storia di Bruno Sammartino “wrestler per caso”, oggi vi parliamo di John Fante, nome affermato nel panorama della letteratura mondiale che però della sua “gloria editoriale” ha potuto bearsi ben poco durante la vita.
John Fante nasce in Colorado, a Denver l’8 aprile 1909 da un povera famiglia d’origine italiana. Il padre Nicola (divenuto poi Nick negli States) è un muratore natio di Torricella Peligna, emigrato oltreoceano con la proverbiale “valigia di cartone” e come tanti in cerca di quel sogno Americano.
Negli States conosce e sposa Mary Capolungo, ragazza italoamericana figlia di un artigiano trapiantato a Chicago dalla Basilicata. Dal loro amore nascono quattro figli, il primo dei quali John, dopo l’infanzia in Colorado si diploma al Regis High School di Denver. Successivamente frequenta l’università senza però portare a compimento gli studi.
John ha però ben chiara in mente una cosa: vuole diventare a tutti i costi uno scrittore e dopo aver seguito alcuni corsi a Long Beach, pubblica i suoi primi racconti sul magazine “The American Mercury”. Tuttavia gli inizi sono difficili ed il giovane John per sbarcare il lunario deve trovarsi piccoli lavoretti come lavapiatti, operaio e fattorino. La sua carriera è tutta in salita ed il suo primo romanzo, “The Road To Los Angeles” viene più volte rifiutato dagli editori vedendo le stampe soltanto dopo la sua morte. Le prime soddisfazioni arrivano nel 1938 con “Wait Until Spring, Bandini” considerato dalla critica americana tra i migliori libri dell’anno.
Fante ha anche una grande passione per il cinema e la sceneggiatura e le sue qualità gli permettono di trovare lavoro ad Hollywood dove collabora alla scrittura di alcuni film di secondo livello ma dove ha anche la fortuna di conoscere e lavorare con Orson Welles. Tra la fine degli anni’ 50 e l’inizio del 1960 John, arriva in Italia dove lavora anche con il grande Dino De Laurentiis. Nella terra dei suoi avi scrive libri come “La Confraternita dell’Uva” ma la sua opera viene sistematicamente sminuita ed ignorata dall’editoria italiana.
Negli States però anche grazie al genio di Bukowski c’è un rinnovato fermento intorno alla sua opera e diversi giovani scrittore s’ispirano al suo stile ed alla sua poetica. Sul finire degli anni ’70 la sua salute è minata dal diabete ma, nonostante ciò, sostenuto ed aiutato dalla moglie pubblica il suo ultimo romanzo dal titolo “Dreams From Bunker Hill “(Sogni di Bunker Hill). John muore l’8 maggio del 1983 e tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 inizia soprattutto in Europa la sua riscoperta con nuove ristampe delle sue opere e pubblicazioni a lui dedicate.
Nel 2009 nel centenario della sua nascita, John Fante ottiene anche un riconoscimento accademico: la UCLA acquista tutti i suoi documenti, i manoscritti originali e la corrispondenza. Nello stesso anno il comune di Torricella Peligna, borgo natio del padre, dedica allo scrittore una mediateca. Dal 2006 sempre a Torricella nel mese di agosto si tiene un festival letterario, artistico e cinematografico chiamato “Il Dio di mio Padre” con cui grazie a convegni, proiezioni e mostre si continua ad indagare ed a conoscere la personalità complessa di questo “yankee abruzzese” riscoperto troppo tardi.
. Simone Cortese