Ci sono dei casi in cui la tradizione non cambia ed essa si ripete uguale nelle sue forme anche a distanza di secoli. Più spesso accade invece il contrario è cioè che i tempi moderni, finiscano per intaccare se non addirittura cancellate il fascino ed il senso stesso di una ricorrenza. Questo è ad esempio il caso del Settembre Lancianese che dal lontano 1833 ad oggi è stato inevitabilmente cambiato in alcune delle sue forme e dei suoi riti. Riti che non sono solo sacri e legati alla patrona Madonna del Ponte ma anche comunitari, perchè come dice il termine stesso, finiscono per unire una città nei giorni di festa.
Uno di questi “appuntamenti di piazza” era rappresentato dalla Corse al Galoppo, una tradizione secolare oggi purtroppo scomparsa: sono infatti passati diciannove anni dall’ultimo Gran Premio “Città di Lanciano” e dall’ambito trofeo Coppa d’Oro offerto dalla Banca Popolare di Lanciano e destinato alla scuderia che per almeno tre anni (anche non consecutivi) aveva trionfato nella competizione. In quei giorni veniva assegnato il premio Totip, fiduciariato di Lanciano.Da diciannove anni Lanciano, a parte la breve e sfortunata esperienza del Palio, è orfana dei colori e degli odori di una tradizione che sapeva unire grandi e piccoli e che si sublimava sulle vecchie e sgangherate tribune di un ippodromo che non c’è più, “travolto” da un progresso che l’ha riconvertito in una moderna arena per eventi musicali.
Non ci sono più i cavalli delle oltre venti scuderie cittadine, non ci sono più i fantini con le loro tute colorate e mancano (terribilmente) le grida del pubblico, il sapore delle noccioline calde ed il profumo della carta fresca di stampa con su scritti i nomi dei cavalli su cui puntare nelle immancabili e spesso goliardiche scommesse. Non c’è più l’anello con la sabbia ,che nelle giornate di vento finiva inevitabilmente negli occhi del pubblico, e perfino la mitica Curva Sant’Antonio si è evoluta in un tracciato percorso oggi, non più da equini scattanti, ma da bici, carrozzini e monopattini.
E’ svanita anche quell’attesa febbrile con cui Elia Iezzi, grazie alla tecnologia della ditta Venditti, avvisava solennemente che i cavalli erano al tondino e dunque pronti per una fulminea partenza. Sono lontanissimi in tempi in cui un omino, ricordato con il nome di Quintino, tra lo stupore del pubblico, faceva alzare nel cielo, palloni e piccole mongolfiere, che avevano il compito di dilettare la gente tra le le inevitabili pause che intercorrevano tra una gara e l’altra.
Un indimenticato custode della tradizione era il signor Antonio Di Biase, per quarant’anni anima dell’ippodromo che oltre ad avere il compito di spegnere l’illuminazione prima dei fuochi (chi non ricorda l’immancabile “Antonio le luci”) aveva un ruolo fondamentale in occasione delle corse.
In quei giorni Antonio o era il più ricercato perchè “aveva il potere” di farti oltrepassare il secondo cancello, quello più piccolo in fondo alla tribuna che consentiva l’accesso alla zona “vip” dove si potevano osservare da vicino i fantini ed i cavalli nel momento della pesa.
C’era anche chi lo cercava per non pagare il biglietto e lui concedeva ben volentieri l’ingresso gratuito a quelle persone che non potevano permetterselo. Antonio e le corse al galoppo non ci sono più. Ma oggi, nel giorno in cui si chiudono le Feste di Settembre, abbiamo voluto ricordare una pagina romantica di una tradizione che non c’è più.
- Simone Cortese