Il 58% delle imprese ha difficoltà a reperire manodopera da assumere.
È il quadro che emerge dall’indagine del Centro studi Confindustria L’Aquila Abruzzo interno, riferita al 2022 e all’inizio del 2023, che analizza la struttura dell’occupazione e le politiche aziendali di gestione del lavoro nelle aziende associate.
Secondo quanto rilevato, le difficoltà nella ricerca di personale riguardano soprattutto competenze e mansioni specifiche, complessivamente segnalate dal 45,8% delle imprese, mentre per mansioni manuali e tecniche il problema si riscontra nel 42,9% dei casi a livello nazionale e nel 51% dei casi se si considera solo l’industria. In un terzo dei casi le difficoltà vengono riscontrate non con riferimento a uno specifico ambito, ma in modo diffuso e trasversale (33,2%).
Riccardo Podda, presidente di Confindustria L’Aquila Abruzzo Interno, ha spiegato come il focus dell’analisi sia stato dedicato “da un lato, al tema delle competenze di difficile reperimento da parte delle imprese e delle azioni intraprese per farvi fronte e, dall’altro, alle modalità di gestione dei processi di ricambio generazionale della forza aziendale”.
Tra le azioni intraprese in risposta al crescente fabbisogno di competenze registrato nella provincia, Confindustria L’Aquila in collaborazione con l’ITS meccatronica di Lanciano e su impulso delle imprese industriali del territorio, ha attivato un percorso formativo biennale ad Avezzano per la qualifica di Tecnico Industria 4.0 che partirà il prossimo autunno. Le imprese della provincia dell’Aquila (nel 61,1% dei casi) sono, inoltre, coinvolte in azioni formative di upskilling/reskilling del personale attualmente in forza, attraverso strumenti quali il Fondo Nuove Competenze, Fondimpresa, Fondirigenti.
Capitolo modalità di assunzione
Il 53,2% delle aziende sceglie l’apprendistato e il 41,7% il contratto a tempo determinato/somministrazione. Per quanto riguarda, invece, l’uscita dei lavoratori più anziani, le modalità più diffuse sono l’incentivazione all’esodo (28,4%) e il sistema delle “quote” (quota 100, 102 o 103) (19,7%).
L’analisi di Confindustria si sposta poi su un altro tema, quello del cosiddetto “lavoro agile”, ossia una prestazione lavorativa senza postazione fissa: in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno.
“Con riferimento al lavoro agile, i risultati indicano che più del 43% delle imprese ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2022, – afferma Francesco De Bartolomeis, direttore di Confindustria L’Aquila – quota che si scompone in un 21,1% di imprese che ha continuato a utilizzare solo il lavoro agile “di emergenza”, ovvero la “versione semplificata” prevista a partire dal 2020 con la pandemia, mentre il restante 22,1% ha introdotto il lavoro agile in via strutturale”.
Se si considera l’intensità di utilizzo, misurata in termini di lavoratori in smart working sul totale dei dipendenti, il lavoro agile ha coinvolto mediamente il 35,9% dei dipendenti. In quelle che hanno applicato esclusivamente la disciplina emergenziale, la quota di lavoratori coinvolti si ferma al 22,2% dei dipendenti, mentre nelle imprese che hanno anche disciplinato il lavoro agile in via strutturale l’intensità di utilizzo ha raggiunto il 41,5% dei dipendenti nel 2022.
Questo fa bene alle imprese?
“Il 44,7% delle imprese che hanno utilizzato il lavoro agile ha rilevato una migliore attrazione o retention delle risorse umane strategiche, – spiega De Bartolomeis – il 42,1% una riduzione dell’assenteismo, quasi il 40% un aumento della produttività dei dipendenti attraverso maggiore responsabilizzazione e orientamento al risultato”.
Una quota minore segnala tra i vantaggi anche il miglioramento dell’efficienza energetica e della sostenibilità dell’azienda (29,7%) e la riduzione dei costi aziendali legati alla gestione degli spazi (24,1%).
- Beatrice Tomassi