Decapitata la cosca Bellocco di Rosarno 62 arresti
Dalle prime luci dell’alba di questa mattina circa mille carabinieri di Reggio Calabria, in 16 province del territorio nazionale, stanno dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di 64 soggetti – 47 in carcere, 15 agli arresti domiciliari e 2 obblighi di dimora – dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale DDA, ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Il principale indagato è Umberto Bellocco, di 39 anni, detto “Chiacchiera” e ritenuto il boss reggente dell’omonima cosca di Rosarno. L’indagine della Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha svelato gli interessi della consorteria mafiosa della Piana.
La gestione dal carcere
Gli ordini partivano dal carcere di Lanciano ed è stato proprio il con il fondamentale contributo del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria a scoperchiare la posizione di primazia del Bellocco tra i ristretti del carcere di Lanciano (CH), intessendo alleanze trasversali con altre potenti organizzazioni criminali operanti su tutto il territorio nazionale. Lo stato di reclusione non ha impedito, infatti, a Umberto Bellocco di partecipare attivamente alle dinamiche criminali che hanno riguardato il sodalizio. Un aspetto reso possibile dalla detenzione illecita di telefoni cellulari, il cui approvvigionamento era favorito dal supporto di altri detenuti e dai familiari di questi, per lo più semiliberi e/o ammessi ai colloqui.
Con questi espedienti il detenuto, dal carcere di Lanciano ha potuto partecipare ai summit mafiosi, potendo espletare tutte quelle funzioni che gli sono state riconosciute in ragione del ruolo di capocosca. In tale modo le conversazioni con i soggetti ammessi a confrontarsi con il boss sono state utilizzate come strumento di persuasione, anche nei confronti di altri soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta. In carcere Bellocco aveva a disposizione dei microtelefoni cellulari, delle Sim-card e delle relative ricariche, strumenti indispensabili per la direzione “da remoto” della «cosca Bellocco».