È tutto silenzio. Tre tocchi rimbombano nella notte. Si apre la Porta Santa.
È sicuramente questo il momento più suggestivo della giornata clou della 729esima edizione della Perdonanza Celestiniana.
Ieri, 28 agosto, il maltempo non ha fermato centinaia di aquilani e turisti accorsi in centro storico per assistere al tradizionale Corteo della Bolla e all’apertura della Porta Santa.
Ma andiamo con ordine.
Il lungo Corteo si è snodato tra le principali vie del centro cittadino a partire dalle ore 16:00, partendo con tutta la sua maestosità da Piazza Palazzo, lì dove, nella torre di Palazzo Margherita, era conservato l’astuccio contenente la Bolla del Perdono di Papa Celestino V fino al sisma del 2009. E’ un ritorno al passato, alle origini, in quanto erano anni che il Corteo non prendeva più il via da quel luogo così simbolico per la città.
Gonfaloni, Enti ed Istituzioni, rappresentanze dei comuni della provincia, Associazioni e figure vestite in abiti storici hanno poi proseguito alla volta della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, passando per Corso Vittorio Emanuele, Corso Federico II, viale Crispi e viale di Collemaggio.
L’arrivo dei tre figuranti principali del Corteo, la Dama della Bolla (Viola Graziosi), la Dama della Croce (valentina Gulizia) e il Giovin Signore (Carlo Palermo), sul prato di Collemaggio è stato accolto con calore da tutti gli spettatori. Con loro il sindaco, Pierluigi Biondi, e il Sottosegretario di Stato alle Imprese e il Made in Italy, Fausta Bergamotto, aquilana, che ha rappresentato ufficialmente il Governo in questa giornata.


















Come detto, l’edizione 729 è un ritorno alle origini, non solo per il luogo di partenza del Corteo, ma anche perché segna il traguardo di 40 anni della Perdonanza moderna, così come fu ideata e promossa dall’allora sindaco dell’Aquila, Tullio De Rubeis, ossia con il Corteo storico, che ha poi dato il via al momento più solenne della giornata: la Santa Messa Stazionale all’interno della Basilica di Collemaggio (sarebbe dovuta essere celebrata all’esterno, per renderla fruibile da quante più persone possibile, ma per motivi legati alla pioggia la cerimonia è stata spostata all’interno), presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero Vaticano per le Cause dei Santi.
Ecco un passaggio della sua omelia:
“Nella mente della Chiesa l’apertura della Porta Santa ha un duplice significato: anzitutto ricollegare la nostra vita – quella personale e pure quella sociale, storica, ecclesiale – alla sua sorgente che è Cristo. Non a caso Gesù parla di una porta, dalla quale si può entrare e uscire. È un linguaggio orientale, che indica una totalità e vuole dirci che l’intera nostra vita umana è compresa fra i due atti fondamentali dell’entrare e uscire: dalla nascita, ossia l’uscita dal seno materno, all’uscire per entrare negli spazi della vita, fino all’uscita definitiva con la morte. […] La seconda complessità la individuo nel simbolo della porta, pure evocato dalle parole di Gesù: «Io sono la porta» (Gv 10,9). La porta appartiene al nostro uso quotidiano. Abbiamo sempre a che fare con una porta: quella di casa, del posto di lavoro, del luogo di riposo… Anche le città, in antico, avevano la porta. Lo stesso Gesù richiama l’importanza di una porta per la preghiera: «quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto… » (Mt 6,6). E anche a noi viene il desiderio di «chiudere la porta» quando avvertiamo il bisogno di un momento di pausa, di tranquillità. La porta è un simbolo: il suo aprirsi e chiudersi può significare tante cose. Perfino quella di casa, che è protezione dell’intimità, a volte, purtroppo, è segno di dominio, di prepotenza. Quante volte le cronache ci parlano di violenze perpetrate con le porte chiuse”.
La celebrazione si è conclusa con il rito di apertura della Porta Santa, che, di fatto, ha dato il via al Giubileo Celestiniano nel suo significato più religioso. Chi varca la Porta Santa tra i vespri del 28 e del 29 agosto, può lucrare dell’indulgenza plenaria.
Attimi di silenzio, di meraviglia, di solennità. E poi l’inizio di una lunga scia di persone in fila per attraversarla.
- Beatrice Tomassi