ORTONA – Ortona e Lanciano hanno celebrato, nella cattedrale di san Tommaso apostolo, il 596esimo anniversario della firma del “Lodo di pace” fortemente voluto da san Giovanni da Capestrano.
La funzione, celebrata da monsignor Emidio Cipollone, si è svolta alla presenza delle delegazioni delle due comunità guidate dal sindaco di Ortona, Leo Castiglione, e da quello di Lanciano, Filippo Paolini.
E’ consuetudine che ogni anno le municipalità delle due città ricordino il Lodo di pace, un appuntamento che rinnova la memoria di un avvenimento storico e che invita ad un momento di riflessione e condivisione sui valori comuni che identificano e accomunano le comunità. Il 596° anniversario del “Lodo di Pace” dunque non rappresenta solo un ricordo di un passato, fatto di dispute e scontri feroci sulle sponde del Feltrino per motivi di rivalità commerciale, territoriale, di approdi marittimi tra ortonesi e lancianesi, ma rappresenta soprattutto un manifesto di fratellanza civica, di rispetto reciproco e di condivisione territoriale.
Nel 1426 le popolazioni erano stanche di un conflitto che aveva fatto molti morti. San Giovanni inizia a predicare la pace e si rende artefice di molti incontri tra i due centri che alla fine accettano le condizioni che lo stesso san Giovanni aveva stilato, facendo valere le sue abilità di giurista. Alla firma come pegno vennero donati due terreni per la costruzione di due chiese. A Lanciano venne eretta la chiesa di sant’Arcangelo della Pace e a Ortona quella di santa Maria della Pace.
A Lanciano nella navata principale della chiesa, oggi dedicata a sant’Antonio di Padova, nel 1976 il pittore Paolo Rivetta ha realizzato due grandi affreschi dedicati proprio alla guerra e alla successiva pace tra le due città. La giornata si è arricchita, inoltre, con il Percorso della pace, svoltosi, dalle 16.00 alle 17.45, con i volontari di chiese aperte impegnati ad illustrare la storia dell’oratorio del Crocifisso miracoloso, della Chiesa di Santa Maria delle Grazie e infine della chiesa di san Tommaso apostolo.
Daniela Ces