La leggenda e la storia si intrecciano in una voce popolare che continua a quasi 600 anni di distanza
Il 17 febbraio prossimo ricorrerà il 597° anniversario della firma del Lodo di Pace tra Lancianesi e Ortonesi. Una pagina questa molto importante nei rapporti tra le due città, e che merita di essere ricordata visto che sia ad Ortona che a Lanciano, sono senz’altro molti, soprattutto fra i giovani a non conoscere questi avvenimenti.
Una celebrazione che affonda le sue origini nei rapporti burrascosi delle due città frentane. Rapporti conclusi poi con una pace ratificata anche grazie all’intervento di un religioso aquilano proveniente dall’ambiente dei frati Minori Osservanti: San Giovanni da Capestrano.
L’inizio delle ostilità tra le due parti in causa risale all 4 ottobre 1250 quando, secondo le fonti storiche, una nave della flotta lancianese venne attaccata ed incendiata nel porto di Ortona. La notizia, giunta nella città dei due Miracoli Eucaristici, venne presa con risentimento e come rimborso per il danno subito, Lanciano chiese un pagamento e di assicurare alla giustizia i responsabili. Ortona però non diede ascolto alle richieste della parte lesa ed i rapporti, già logorati dai benefici accordati a Lanciano dai sovrani del Regno di Napoli (tra cui quello di costruire un porto nell’attuale comune di San Vito), si fecero sempre più tesi. Gli ortonesi non solo si rifiutarono di risarcire i “vicini”, ma continuarono nella loro politica agressiva, assaltando alcune navi mercantili lancianesi nei pressi del porto di Francavilla.
Il nuovo porto di Lanciano
Ma il vero obiettivo delle aggressioni ortonesi era appunto il nuovo porto di Lanciano, che avrebbe fortemente limitato l’importanza di quello che già sorgeva nella città di San Tommaso. I lavori, di questa struttura, cruciale per gli scambi e le fiere di Lanciano, vennero continuamente rallentati da sortite ed interventi volti a sabotarne la nascita.
I lancianesi irritati e furenti per le continue scaramucce, reagirono con la “stessa moneta”: in una dura battaglia, combattutta sulle sponde del fiume Feltrino, catturarono alcuni soldati ortonesi mutilandoli dei nasi e soprattutto dei lobi delle orecchie. Una leggenda, di cui non ci sono evidenze storico-archeologiche, vuole che le parti del corpo staccate ai prigionieri, vennero murate in una colonna della loggetta, visibile tutt’ora nel quartiere Borgo, lungo corso Roma. Da allora gli ortonesi vengono ancora chiamati (bonariamente per fortuna) con il soprannome di “recchiamuzzete”.
Il sovrano spagnolo Alfonso d’Aragona detto “il Magnanimo”, era però stanco di questa situazione ed il 23 settembre 1423 decise d’intervenire personalmente facendo riappacificare i due sindaci e vietando ogni forma di rappresaglia o vendetta. Nel dicembre 1426 per preparare la firma del trattato di pace ed al fine di organizzare al meglio ogni cosa, convocò San Giovanni da Capestrano che raggiunse Lanciano, mandando contemporaneamente ad Ortona il confratello Roberto per la stipula degli accordi che vennero poi ratificati ufficialmente il 17 febbraio nella cattedrale di San Tommaso.
Come pegno per il rispetto bilaterale degli accordi, furono donati due terreni per la costruzione di altrettante chiese che portarono all‘edificazione del convento di Sant’Arcangelo della Pace a Lanciano e di quello di Santa Maria della Pace in Ortona. A Lanciano nella chiesa, oggi dedicata a Sant’Antonio di Padova, nel 1976 il pittore Paolo Rivetta fece due grandi affreschi dedicati alla guerra ed alla successiva pace tra le due città.
- Simone Cortese