Ogni anno, allo scoccare della mezzanotte, l’Italia si illumina di colori e rumori. Ma mentre per molti è festa, per migliaia di animali — domestici e selvatici — è l’inizio di una notte di terrore. I botti di Capodanno non sono solo una tradizione rumorosa: sono un problema serio, sottovalutato, che lascia dietro di sé ferite invisibili e vittime silenziose.
Secondo i dati raccolti negli ultimi anni da associazioni animaliste e organismi scientifici come ISPRA e LAV, durante le festività di fine anno si registra un aumento significativo di morti, fughe, incidenti e traumi legati all’esplosione di petardi e fuochi d’artificio. Numeri difficili da quantificare con precisione, ma che parlano di migliaia di animali coinvolti ogni anno, tutti concentrati in un singolo giorno.

Animali domestici: paura, fuga, morte
Cani e gatti sono le vittime più immediate. Il loro udito, molto più sviluppato rispetto a quello umano, percepisce i botti come vere e proprie esplosioni ravvicinate. Il risultato è il panico: animali che scappano, si feriscono nel tentativo di fuggire, finiscono investiti o si perdono senza più ritrovare la strada di casa.
Le associazioni veterinarie parlano di un picco di accessi nei pronto soccorso veterinari nelle ore successive alla mezzanotte: crisi cardiache, shock, convulsioni, fratture da caduta, lesioni da impatto contro recinzioni e vetrate. Nei casi più gravi, soprattutto tra animali anziani o con patologie pregresse, lo stress acuto può risultare fatale.
Non va dimenticato l’effetto a lungo termine: animali che sviluppano fobie persistenti, ansia cronica, disturbi comportamentali che richiedono mesi — se non anni — di recupero.

Fauna selvatica: una strage invisibile
Ancora più drammatico è ciò che accade lontano dai centri abitati, dove il controllo è minimo e le conseguenze spesso non vengono documentate. Gli animali selvatici reagiscono ai botti con fughe improvvise e disordinate, che possono portare a schianti contro ostacoli, collisioni stradali, abbandono dei rifugi e dei piccoli.
Uccelli spaventati dai fuochi notturni si alzano in volo in massa, disorientati, consumando energie vitali nel periodo più delicato dell’anno. Non è raro che molti di loro muoiano per sfinimento o impatto. Ricci, volpi, caprioli e altre specie subiscono conseguenze simili, spesso lontano dagli occhi dell’uomo.
Secondo ISPRA, l’inquinamento acustico improvviso rappresenta uno dei fattori più destabilizzanti per gli equilibri della fauna, soprattutto in inverno, quando le risorse sono scarse e ogni spreco energetico può essere letale.
Abruzzo: una terra che dovrebbe saper proteggere
In Abruzzo, tutto questo pesa ancora di più. Parliamo di una regione che da secoli convive con i suoi animali, domestici e selvatici, e che ha costruito parte della propria identità sulla cura del territorio e della fauna. Dai pastori abruzzesi alle aree protette, dai tratturi alla cultura della montagna, il rispetto per gli animali non è folklore: è storia, è radice.
Ed è proprio qui che la riflessione diventa inevitabile. Possiamo davvero continuare a chiamare “tradizione” qualcosa che provoca sofferenza, morte e danni ambientali? Possiamo accettare che pochi minuti di spettacolo valgano il prezzo pagato da chi non ha voce?

Una responsabilità collettiva, prima ancora che normativa
Negli ultimi anni, molti Comuni hanno introdotto ordinanze di limitazione o divieto dei botti, spesso disattese o considerate simboliche.
Esistono alternative: spettacoli luminosi silenziosi, eventi organizzati, festeggiamenti responsabili. Non si tratta di rinunciare alla festa, ma di ripensarla, rendendola compatibile con il rispetto della vita.
Perché una comunità si misura anche da come tutela i più fragili. E tra questi, gli animali occupano un posto che non può più essere ignorato.
. Dennis Spinelli





