Diiciotto ore di lavoro al giorno, nessuno stipendio, una telecamera puntata addosso anche mentre dormiva su un divano sdrucito, nella cucina di un bar che era diventato la sua prigione.
È l’incubo vissuto da una donna in un piccolo centro della provincia di Chieti, dove i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro hanno scoperto una realtà che somiglia più a un girone infernale che a un posto di lavoro.
Secondo quanto riporta Il Centro, la Procura distrettuale dell’Aquila ha accusato la titolare del locale, una 43enne, di riduzione e mantenimento in schiavitù. Dietro la facciata di un normale impiego, si nascondeva una condizione di sfruttamento estremo, alimentata dalla fragilità psicologica della vittima.

Le immagini registrate dalla telecamera raccontano tutto: la donna che serve ai tavoli senza sosta, che mangia in fretta un pasto freddo, che si cambia abiti sotto l’occhio elettronico, che prova a chiudere gli occhi per qualche ora di sonno sul divano.
Ogni gesto, ogni respiro, controllato, registrato, violato.Un incubo silenzioso, durato mesi, in un bar che per lei era diventato un confine invalicabile.
Oggi, quell’inferno è stato finalmente scoperto. Ma resta la ferita di una storia che mostra quanto lo sfruttamento possa ancora insinuarsi, nascosto, nel cuore delle nostre comunità.
Le indagini, ancora in corso, dovranno ora chiarire ogni dettaglio di una vicenda che ha sconvolto il paese e riacceso il dibattito sulla tutela dei lavoratori più vulnerabili.







