«Non è degrado ma libertà: i nostri bambini stanno bene e imparano dalla vita, non dai banchi di scuola»
Vivono da quattro anni in un ex casolare tra i boschi di Palmoli, nell’entroterra di Vasto (Chieti). Una casa senza allacci alla rete elettrica o idrica, riscaldata con una stufa a legna e alimentata da pannelli solari. È qui che Catherine Birmingham, 45 anni, australiana, e Nathan Trevallion, 51 anni, inglese, hanno scelto di crescere i loro tre figli – una bambina di otto anni e due gemelli di sei – secondo un modello di vita “alternativo”, lontano da città, tecnologia e scuola tradizionale.
Una scelta radicale che ha però attirato l’attenzione della Procura per i minorenni dell’Aquila, che ha chiesto la sospensione della potestà genitoriale per “grave pregiudizio” nei confronti dei minori.
L’origine del caso: l’intossicazione da funghi
Tutto ha avuto inizio nel settembre 2024, quando l’intera famiglia fu ricoverata per un’intossicazione da funghi raccolti nel bosco. Durante i soccorsi, i carabinieri scoprirono la loro abitazione e segnalarono la situazione ai servizi sociali.
Le relazioni degli operatori descrivono un contesto privo di utenze, con servizi igienici esterni e bambini non iscritti a scuola né seguiti da un pediatra di riferimento. Da qui la decisione del tribunale di avviare una verifica sulla tutela dei minori.
La replica dei genitori: «Non viviamo nel degrado»

Le dichiarazioni della coppia, rilasciate ad agenzie di stampa nazionali, sono chiare: «Non è un caso di violenza o di abbandono – ha spiegato Catherine Birmingham – ma una scelta consapevole di libertà. Abbiamo scelto la semplicità e la connessione con la natura. I bambini sono sereni, in salute e seguiti da una pediatra».
La donna, ex istruttrice di equitazione che oggi lavora online offrendo consulenze spirituali, racconta la loro quotidianità fatta di vita all’aria aperta e apprendimento libero.
«Guardiamo documentari insieme, leggiamo, coltiviamo l’orto, accudiamo gli animali. I nostri figli non vivono isolati: li portiamo al parco e conoscono altri bambini. Non ci manca nulla, viviamo con poco ma in pace».
Il marito, Nathan, ex artigiano del legno, ha aggiunto: «Dopo un incidente ho deciso di cambiare vita. In ospedale ho capito che volevo vivere diversamente, più vicino alla terra e ai miei figli. Ora viviamo davvero».
Un modello educativo alternativo
La coppia pratica l’un-schooling, un metodo educativo non strutturato che punta sull’apprendimento spontaneo e sulla curiosità dei bambini.
«Non vogliamo imporre programmi o obblighi – spiega Catherine –. Crediamo che i bambini imparino osservando, facendo, vivendo. È un percorso di crescita personale, non una fuga dalla società».
«Una famiglia libera, non emarginata»
Il legale della coppia, Giovanni Angelucci, difende la loro posizione: «Non si tratta di un nucleo familiare degradato o in difficoltà economiche, ma di una famiglia autosufficiente che ha scelto consapevolmente un modello di vita diverso. La loro è una scelta filosofica, non un atto di incuria».
I genitori, nel frattempo, hanno presentato documenti a loro difesa: una perizia sull’abitabilità della casa, un certificato di idoneità scolastica per la figlia maggiore e un estratto conto bancario che dimostrerebbe la loro autonomia economica.
L’attesa della decisione
Dopo oltre un anno di verifiche, la famiglia vive ancora nel bosco, nelle stesse condizioni in cui fu trovata. Il fascicolo è ora nelle mani del tribunale per i minorenni dell’Aquila, che dovrà stabilire se la loro scelta di vita costituisca una violazione dei diritti dei bambini o una legittima forma di libertà familiare.
«Non vogliamo fuggire dal mondo – ha concluso Catherine –. Vogliamo solo crescere i nostri figli in modo naturale, lontani dalla tossicità e dalla paura. La nostra non è una storia di povertà, ma di pace».








