LÈ diventata una vera e propria indagine da incubo quella che ha coinvolto un intero condominio nella periferia ovest dell’Aquila, dove uno o più individui — secondo le prime ricostruzioni — avrebbero installato microcamere nascoste nei bagni e in altre stanze degli appartamenti in affitto, violando la privacy degli inquilini.
Tutto è iniziato quando una giovane donna, guardandosi allo specchio del bagno, ha notato un riflesso sospetto tra mensola e piastrelle: là dietro, nascosta, c’era una microcamera dotata di trasmettitore wireless.
La ragazza, in uno stato di forte turbamento, si è recata alla Questura per denunciare l’accaduto, dando il via agli accertamenti della Polizia.
L’indagine: perquisizioni, prove, altri casi
Secondo le ricostruzioni investigative, le indagini si sono estese rapidamente a tutti gli appartamenti dello stabile, poiché risultavano di proprietà di un unico proprietario — un uomo aquilano di circa 56 anni.
Durante le perquisizioni sono state trovate decine di microtelecamere nascoste nei bagni, in alcuni casi anche in camere da letto.

Sul cellulare dell’indagato, gli agenti avrebbero rinvenuto un’applicazione che permetteva la gestione e la visualizzazione in tempo reale delle immagini delle telecamere installate.
Durante la perquisizione domiciliare e nel garage, sono state sequestrate ulteriori telecamere ancora imballate e 80.000 euro in contanti, ritenuti provento dell’attività illecita.
Al momento, l’inchiesta risulta aperta per interferenza illecita nella vita privata (art. 615-bis del codice penale).
Non è ancora chiaro fino a che punto siano stati diffusi i video o se il sistema di spionaggio sia attivo da tempi più remoti: gli inquirenti stanno ricostruendo la catena degli eventi e verificando possibili vittime aggiuntive. La vicenda ha scosso profondamente la comunità aquilana: non solo per la gravità del gesto, ma anche per il fatto che le vittime hanno abitato, per mesi o anni, in uno spazio che credevano sicuro e privato.
I prossimi passaggi prevedono l’esame informatico dei dispositivi sequestrati, l’acquisizione dei tabulati telematici, interrogatori e la possibile collaborazione con esperti in informatica forense.
Perché questa vicenda è rilevante
Questo caso mette in luce quanto la tecnologia moderna — in apparenza utile — possa diventare strumento di offesa gravissima ai diritti fondamentali, come la privacy e la sicurezza personale. Inquilini ignari, giovani studentesse, si sono trovati vittime di un controllo perverso e occulto che ha violato l’intimità quotidiana.
- Dennis Spinelli








