Ogni settembre, migliaia di famiglie italiane affrontano lo stesso incubo: la spesa per i libri scolastici. Quella che dovrebbe essere una semplice necessità educativa si trasforma, anno dopo anno, in una vera e propria stangata. Manuali aggiornati solo con nuove copertine, edizioni che cambiano per poche pagine riorganizzate e testi che non possono essere riutilizzati tra fratelli rendono il peso economico insostenibile.
Secondo Federconsumatori, per l’anno scolastico 2024/25 la spesa media per libri obbligatori e due dizionari ha superato i 590 euro a studente, con un aumento del 18% rispetto all’anno precedente.
Se si aggiunge zaino, astuccio e quaderni, il conto per ogni alunno può arrivare fino a 1.200 euro. Il Codacons conferma cifre simili: circa 580 euro per le scuole medie e fino a 1.250 euro per le superiori. Su otto anni di scuola, solo per i libri si arriva a oltre 2.500 euro, mentre includendo tutto il materiale scolastico si superano facilmente i 1.300 euro l’anno.
Secondo un’indagine Adoc/Eures condotta a Milano, Roma e Napoli, le famiglie spenderanno complessivamente 1,45 miliardi di euro solo per i libri delle superiori. La spesa media prevista per il prossimo anno scolastico è di 355 euro per la prima media e 552 euro per la prima superiore solo per i testi, a cui vanno aggiunti circa 132 euro per il kit scolastico. In totale, ogni famiglia dovrà affrontare 487 euro per le medie e 685 euro per le superiori.
Gli editori sottolineano che gli aumenti sono contenuti e in linea con l’inflazione, ma la realtà è diversa. Il peso reale della spesa cresce perché i libri aumentano di numero e i materiali si sommano: per le famiglie il rincaro si sente eccome.
Il mercato è dominato da pochi grandi gruppi editoriali – Mondadori, Zanichelli, Sanoma, La Scuola – che controllano l’80% del settore, limitando la concorrenza e ostacolando il risparmio. Il cambio frequente delle edizioni, spesso senza reale necessità, impedisce anche il mercato dell’usato e il riutilizzo dei testi tra fratelli.
Paradossalmente, molti libri rimangono quasi intonsi. Molti insegnanti, infatti, preferiscono fotocopie, dispense o materiali digitali, lasciando i volumi inutilizzati. A fine anno, i testi sono come nuovi ma difficilmente rivendibili, generando sprechi economici e ambientali.
Il malcontento delle famiglie si fa sentire anche sui social: “Ne fanno uscire di tutti i tipi aggiornandoli quasi annualmente intralciando così il mercato dell’usato… mi sembra un enorme spreco di risorse”, scrive un utente.
Le associazioni dei consumatori avanzano proposte concrete: detrazioni fiscali del 19% sugli acquisti, creazione di banche del libro usato e sistemi di book sharing gestiti dalle scuole, maggior controllo ministeriale per limitare i cambi ingiustificati, promozione di biblioteche scolastiche e materiali digitali open source.
Il caro-libri non è solo una questione di prezzi: è il segnale di un sistema rigido, in cui le famiglie subiscono scelte editoriali e didattiche senza margine di intervento. Tra oligopolio, edizioni inutili e testi che restano intonsi, il risultato è un aggravio insostenibile, soprattutto per chi ha più figli.
In un Paese che parla sempre di sostenibilità, la scuola resta ancorata a un modello che genera sprechi e disuguaglianze, trasformando l’istruzione in un lusso sempre più difficile da permettersi.








