“Oggi è un giorno di festa per la comunità, la diocesi, l’intero territorio. Grazie alla collaborazione indispensabile della Soprintendenza la croce di Nicola da Guardiagrele è tornata nella sua “casa”.
E’ davvero una grande emozione lo svelamento di questa croce nella sua nuova collocazione, siresta senza parole. E’ un gioiello d’arte ma soprattutto un gioiello che ci presenta il cuore della nostra fede e di tutta l’umanità perché la croce è il dono della vita di Gesù”.
Così l’arcivescovo di Lanciano-Ortona Emidio Cipollone parla nel convegno organizzato dalla Curia e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Chieti e Pescara per
presentare il restauro conservativo della Croce processionale dell’artista orafo abruzzese Nicola da
Guardiagrele, che è tornata a risplendere nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Lanciano.
Protetta da una teca nella cappella dove durante i lavori di restauro della Chiesa è stata rinvenuta una pittura del XV secolo ancora in fase di studio la croce, in argento dorato, argento, smalto e niello del 1422 può essere di nuovo ammirata.

“E’ tornata a casa al termine di un processo lungo”, dice l’ingegnere Angelo di Monte, responsabile
ufficio tecnico arcidiocesi di Lanciano-Ortona, “che ha visto parallelamente i lavori di
manutenzione straordinaria, consolidamento della Chiesa di Santa Maria Maggiore che a breve
riusciremo a completare. Oggi è un giorno speciale per la comunità, la diocesi e per la città che
riottiene un simbolo prezioso, al termine di una lavoro comunitario”.
“Un lavoro durato 7 anni”, continua Chiara Delpino, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e
Paesaggio per le province di Chieti e Pescara, “che ha permesso di recuperare un’opera
preziosissima per l’Abruzzo, a livello internazionale per l’arte orafa e sacra. Realizzata nel 1422 da
Nicola da Guardiagrele la croce si inserisce nel tardo gotico internazionale, come spiegato dal
professore di Storia dell’arte medievale dell’Università “D’Annunzio” di Chieti-Pescara Gaetano Curzi.
E’ un’opera d’arte ma è anche un oggetto liturgico, sacro che ha un fortissimo valore
spirituale e identitario. Una croce legata alla città come dimostrano le tante persone accorse per il
suo ritorno. E la Soprintendenza è lieta di concorrere e preservare per le generazioni future, parti
importanti dell’identità collettiva come questa croce”.
Presenti tra il pubblico anche le funzionarie della Soprintendenza che hanno preceduto Delpino e hanno contribuito alle opere di restauro, Rosaria Mencarelli e Cristina Collettini. Ed è stato il professor Curzi a ricostruire la storia della croce, delle opere di Nicola da Guardiagrele, del suo periodo a Firenze, a ricordare che l’opera gli fu commissionata nel 1421 e realizzata nel 1422.

Ha parlato di arte orafa che si inserisce nel gotico internazionale, delle influenze tedesche ma soprattutto ha detto che “la croce apre altri interrogativi, un dialogo che andrà avanti coinvolgendo altre opere presenti sul territorio”.
Un restauro complesso dunque, fatto da Maria Isabella Pierigè, funzionaria restauratrice della Soprintendenza, Giulia Toppan, restauratrice libera professionista e Giulia Basilissi, funzionaria restauratrice della Direzione Regionale Musei della Toscana, all’interno del laboratorio di restauro della Soprintendenza. “Quando nel 2020 abbiamo spostato la croce dalla Chiesa nel museo diocesano per i lavori ci siamo accorti che bisognava intervenire”, spiega Piergè.
“Nel laboratorio ad una prima osservazione visiva si notavano criticità, deformazioni e rotture, placche riapplicate sulla croce con chiodi di ferro e non chiodi d’argento come in origine.
Poi c’erano depositi ed ossidazioni, distacchi e abrasioni. La croce è stata sottoposta a indagini diagnostiche, diverse radiografie, analisi chimiche.
Poi siamo passati all’operazione di smontaggio che ci ha permesso di verificare in modo precisissimo ogni singolo elemento, di osservare i singoli dettagli, anche quelli di fabbricazione e di pulire a fondo ogni parte, rimuovendo depositi superficiali (polvere, sporco, residui di precedenti puliture, protettivo a base di cera), i prodotti di corrosione e le patine di alterazione del metallo per recuperare la lucentezza dell’opera.
Alcune parti erano compromesse anche da particelle inquinanti nonostante la croce l’ultima volta uscita in processione pare fosse a metà 800. Un intervento conservativo che è arrivato all’anima dell’opera: la base in legno di noce che era spaccata, instabile”.
Un lavoro lungo e complesso che alla fine però ha permesso all’opera, custodita in una teca che
conserva il microclima adatto per la sua conservazione, di tornare a risplendere in tutte le sue parti.
Felicissimo di riaccogliere la croce nella chiesa don Domenico Di Salvatore, Direttore ufficio beni
culturali ed ecclesiastici dell’arcidiocesi e parroco di Santa Maria Maggiore. Ad allietare la serata
l’organista Walter D’Arcangelo.









