Tutto ha avuto inizio nel 2022, quando i Carabinieri Forestali di Villa Santa Maria hanno denunciato due tartufai per la pratica illegale della “zappatura”, ossia la lavorazione del terreno per la ricerca di tartufi. I due imputati saranno processati nei prossimi giorni presso il Tribunale di Chieti, rischiando pene che prevedono l’arresto fino a un anno o un’ammenda fino a 6.000 euro. Si tratterebbe del primo caso del genere in Italia.
Il riconoscimento UNESCO e la normativa di tutela
Nel 2021, l’UNESCO ha dichiarato “La Cerca e cavatura del Tartufo in Italia: Conoscenze e pratiche tradizionali” patrimonio immateriale dell’umanità, in base alla Convenzione UNESCO del 2003 sui beni immateriali. Per l’Italia e, in particolare, per l’Abruzzo, una delle principali regioni produttrici di tartufi, questo è un riconoscimento di grande rilievo.
Lo Stato italiano, recependo la Convenzione, ha introdotto norme di tutela e valorizzazione dei siti materiali e immateriali inclusi nella lista del patrimonio UNESCO, grazie alla Legge 77/2006. L’articolo 1 della legge definisce questi elementi come “punte di eccellenza del patrimonio culturale italiano e della sua rappresentanza a livello internazionale”. Inoltre, l’articolo 41 della Costituzione stabilisce che “l’iniziativa economica privata non può svolgersi in danno alla salute e all’ambiente”.
L’importanza ecologica ed economica del tartufo
La tutela delle aree tartufigene naturali è cruciale sia per il rilevante ruolo socio-economico del tartufo, soprattutto nelle zone montane e collinari marginali d’Italia, sia per il suo contributo ecologico-ambientale.
Le denunce contro la “zappatura”, vietata dalla legislazione italiana in quanto considerata fortemente dannosa per il patrimonio naturale, si sommano a sanzioni amministrative per un totale di 80.000 euro, con la revoca del tesserino di idoneità in alcuni casi.
Controlli e sanzioni
Negli ultimi anni, i militari hanno intensificato i controlli sulla legislazione che regola la commercializzazione del prezioso fungo ipogeo. Questo ha portato all’emissione di 15 sanzioni amministrative per un importo complessivo di 25.000 euro, oltre a diffide per omessa o errata comunicazione annuale alla Regione delle quantità di tartufi commercializzati.








