Pubblichiamo la lettera aperta di Giacomo Pellicciaro, studente lancianese “fuori sede” a Torino e Consigliere presso Assemblea Regionale Diritto allo Studio Universitario.
“Il voto ai fuori sede, scrive Giacomo Pellicciaro, è la chimera di ogni legislatura, ciascun partito rivendica la paternità di progetti solo promessi, da anni sono decine i disegni di legge relegati tra le scartoffie negli archivi della I Commissione Affari costituzionali del Senato.
L’Italia è l’unico paese dell’UE a non prevedere alcun meccanismo di esercizio del diritto di voto per studenti e lavoratori domiciliati in un comune differente da quello di residenza (esclusi i casi di Cipro e Malta che per la loro ridotta estensione territoriale non ne ravvisano alcuna esigenza).
Solo recentemente la situazione pare essersi sbloccata grazie ad un emendamento promosso da Fratelli d’Italia che, prevedendo un procedimento speciale rivolto ai soli studenti, consente di votare alle prossime elezioni europee recandosi in seggio specificamente predisposto.
In Abruzzo, stando ai censimenti recenti, gli studenti fuori sede rappresentano il 5,60% dell’elettorato, 67 mila aventi diritto. E’ interessante leggere il dato inscrivendolo nella cornice delle recenti elezioni regionali dove il presidente Marco Marsilio ha ottenuto 327 mila preferenze, 42 mila in più rispetto al candidato del centro sinistra Luciano D’Amico.
Il numero di studenti però, prima di essere trattato, va contestualizzato e depurato dalle variabili eventuali. Se lo si incrocia con il dato generale sull’astensionismo (attestatosi al 47%) inevitabilmente si lavora con numeri più verosimili. E’ pacifico immaginare che, laddove avessimo fruito di una legge sul voto fuori sede, avremmo contato indicativamente 35 mila voti in più. Un pacchetto di preferenze tanto corposo da non poter essere ignorato, a maggior ragione in competizioni elettorali che si risolvono entro forbici di voto ridotte.
Una domanda legittima potrebbe muovere un lettore, quali partiti votano gli studenti universitari fuori sede?
Una risposta, per quanto parziale e semplificativa, ce la danno le elezioni politiche del 2022: i partiti da allora non hanno subito fluttuazioni elettorali significative. Secondo l’Istituto Ixè, nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni (quella comprendente anche gli universitari) i partiti del centrosinistra incassano il consenso più ampio: il “campo largo”, quello adunato a sostegno di Luciano d’Amico, consta di partiti molto apprezzati soprattutto tra gli elettori più giovani. Non può dirsi lo stesso del centro destra che riscuote consensi sopratutto tra gli elettori “adulti”.
Sarebbe imprudente ipotizzare degli esiti differenti da quelli verificatisi basandoci solo su indicatori di tendenza come quelli accennati. Ciò che è giusto sostenere, però, è che si devono creare le condizioni affinché agli gli studenti fuori sede venga garantito un diritto. La Costituzione, riferendosi al voto, lo qualifica come dovere civico allora, in tono provocatorio, mi chiedo:
Se il voto è un diritto e il suo esercizio un dovere civico, come può il cittadino assolvere al secondo se non si vede riconosciuto il primo?