Evitare una procedura invasiva come la biopsia per monitorare alcune lesioni alla prostata è possibile. Senza esporre il paziente ad alcun rischio. E’ questa la conclusione a cui è approdato uno studio sviluppato presso la Diagnostica per Immagini dell’ASL Lanciano-Vasto-Chieti, diretta da Massimo Caulo, in collaborazione con il gruppo di Urologia e con il contributo tecnico-scientifico del Centro ITAB dell’Università “G. d’Annunzio”.
Oggetto di valutazione è stato l’impiego della risonanza magnetica biparametrica, una tecnica di imaging che evita la somministrazione del mezzo di contrasto nel monitoraggio delle lesioni prostatiche PI-RADS 3, vale a dire quelle di livello intermedio tra presenza e assenza di tumore, una sorta di “zona grigia” che ha necessità di approfondimento.
In molti casi tali pazienti vengono sottoposti a biopsia, ma solo una minoranza, pari al 15%, risulta essere un tumore clinicamente significativo, che richiede, pertanto, trattamenti; la maggior parte delle biopsie eseguite in questo contesto, infatti, è negativa o evidenzia malattia poco rilevante. Ne deriva un importante carico di procedure invasive per i pazienti e un plus di impegno per i reparti di Urologia, a fronte di un rendimento diagnostico relativamente basso.

“La nostra ricerca – spiega Andrea Delli Pizzi, radiologo che l’ha coordinata – mostra che la risonanza magnetica biparametrica, rispetto alla più complessa multiparametrica, può offrire risultati diagnostici comparabili riducendo tempi, costi e, in prospettiva, consentendo una selezione più mirata dei pazienti da inviare a biopsia, con potenziale riduzione delle procedure inutili.
Noi dimostriamo che possono essere seguiti nel tempo, anche semplicemente con l’esame senza contrasto, che oltretutto dura meno. E infatti ai controlli successivi mostrano, dopo due anni, un dato più che confortante: il 90% è rimasto stabile o si è addirittura ridotto. I risultati del nostro studio sono chiari, come anche le conclusioni da trarre: tutte queste lesioni vanno a biopsia intasando le liste e in più dell’80% dei casi viene fuori che sono di tipo benigno. Con l’Urologia, allora, abbiamo intrapreso questo percorso comune per ridurre la pressione sulle liste d’attesa, con l’idea che alla luce di lavori come il nostro questo orientamento possa trovare spazio anche nelle future linee guida internazionali”.
Parole di apprezzamento per lo studio, di recente pubblicato sulla rivista internazionale Current Problems in Diagnostic Radiology, sono arrivate dal Direttore generale della Asl: “Investire sulla ricerca rappresenta il plus per un ospedale Hub – tiene a sottolineare Mauro Palmieri – e quella appena pubblicata esprime anche il valore aggiunto dell’ottimizzazione di strumenti e risorse. Le biopsie evitabili sono un sollievo per i pazienti, e per l’organizzazione sanitaria un modo per puntare a una maggiore efficienza”.










