Nell’ambito del progetto culturale “Restituzioni 2025” il grande programma di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale che Intesa Sanpaolo conduce da oltre 36 anni in collaborazione con il Ministero della cultura anche due opere d’arte abruzzesi, saranno visibili fino al 18 gennaio 2026 al Palazzo Esposizioni Roma.
Si tratta de il cosidetto “Letto di Fossa”, un pezzo dell’arte funeraria ellenistico-romana, e delle lastre con i simboli degli Evangelisti proveniente da Penne.
Il “Letto di Fossa” (II-I secolo a.C.) osso lavorato a intaglio con inserti in paste vitree. Si tratta di un letto in osso proveniente dalla tomba a camera 520 della necropoli di Fossa (L’Aquila), scavata nel 2000, rappresenta un raro e straordinariamente conservato esempio di arte funeraria tra la seconda metà del II e la metà del I secolo a.C.

La struttura originaria in legno era interamente rivestita da placche in osso, con un ricco apparato decorativo che combina figure umane, animali e simboli marini e dionisiaci. I fulcra mostrano figure maschili barbate, ciascuna accostata a un felino – tra cui pantere e leoni – e affiancata da protomi leonine e volti femminili dalla capigliatura morbida e adornati da diademi, interpretabili come Menadi o figure associate al mito dionisiaco.
Le gambe, decorate con eroti a cavallo di ippocampi, rimandano al tema della protezione del defunto nel passaggio nell’aldilà. Ulteriori dettagli figurativi, come i delfini e i volti barbati collegati ai fulcra, suggeriscono un chiaro richiamo a Dioniso, evocando miti di metamorfosi e rigenerazione. Grazie a un recente intervento conservativo, il letto è stato riassemblato e stabilizzato, con la ricomposizione dei fulcra, del telaio e delle gambe, consentendo di recuperare la leggibilità dei dettagli, le tracce di policromia originaria e la complessa sequenza degli elementi decorativi. Oggi, il manufatto offre una preziosa testimonianza della cultura materiale, della simbolica funeraria e dell’elevata maestria artigianale dell’Abruzzo antico.

Da Penne arrivano invece le “Lastre con i simboli degli evangelisti” ((lastra con aquila simbolo di san Giovanni, lastra con bue simbolo di san Matteo, lastra con leone simbolo di san Marco, lastra con angelo simbolo di san Luca), del XII secolo, di autore ignoto.
Le lastre con i simboli degli evangelisti sono da attribuire a un elemento di arredo liturgico presente nella cattedrale di Penne da riferire, stilisticamente, all’opera di un unico artista. Della cattedrale di San Massimo di Penne, fondata prima del Mille, si conservano ancora, nella cripta e nel Museo Civico Diocesano, cospicui frammenti scultorei riferibili alle varie fasi decorative dell’edificio.
In seguito al bombardamento del gennaio 1944 fu abbattuta gran parte delle mura della chiesa, seppellendo l’intero apparato decorativo medievale e barocco. I materiali furono debitamente recuperati e ricomposti a opera del professor Enrico Vivio, restauratore della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie de L’Aquila. Durante lo stesso intervento furono smontate anche le lastre in pietra con i simboli evangelici che erano murate sulle pareti perimetrali del cortile del seminario; con gli altri elementi di arredo liturgico più antichi, che erano stati rimossi dalla loro sede originaria, furono collocati in maniera casuale all’esterno del duomo e nel cortile del seminario attiguo all’edificio di culto.
Il primo apparato decorativo del duomo doveva essere composto da arredi databili fra l’VIII e il IX secolo, probabilmente realizzati in occasione della traslazione delle reliquie di san Massimo: “Giraldus seu Grimaldus in cathedralem transtulit ossa sanctorum Maximi Levite et sociorum martyrum, pompa augustiori subque maiori altari honoreficentius collocavit anno 868”.
Invece resti di decorazione architettonica databili all’XI-XII secolo, oggi reimpiegati nel portale del campanile, sarebbero da riferire ai lavori voluti dal vescovo Oderisio (1161-1188), che intervenne sull’altare – “Oderisius pennensis episcopus secundus hoc altare fieri fecit” – e sull’edificio.

Sulle raffigurazioni dell’aquila, del leone e del bue sono presenti iscrizioni in lettere capitali, con abbreviazioni grafiche, databili dall’analisi epigrafica alla prima metà del XII secolo. Sebbene priva di titulus, vista l’omogeneità delle caratteristiche esecutive, è possibile includere nello stesso insieme anche la lastra con l’angelo.
Le quattro lastre potrebbero essere pertinenti a un ambone dove i vari simboli, il leone per san Marco, l’aquila per san Giovanni, il bue per san Luca e l’angelo per san Matteo, riprendono l’antica iconografia del tetramorfo, ispirato alla visione biblica di Ezechiele (I,1-15). Se si prende come riferimento la datazione dei tituli delle lastre, Oderisio potrebbe avere completato con l’altare un rinnovamento già in atto dell’edificio di culto e determinato dalle nuove esigenze dettate dalla riforma gregoriana.
L’intervento di restauro ha arrestato i processi di degrado in atto, permettendo ora una migliore conservazione dei manufatti. Inoltre, ha messo meglio in evidenza la finezza dell’esecuzione e l’eleganza delle figure dei simboli degli evangelisti, confermando la coralità di lavorazione delle lastre riferibili a un’unica mano.
. Simone Cortese







