A Lanciano, settembre non è un mese qualunque. È il mese delle feste, della città che si accende tra fede, musica, luci e fuochi. Al centro, come da tradizione secolare, c’è la Madonna del Ponte, patrona e protettrice del popolo frentano, portata in processione tra la devozione di migliaia di fedeli.
Accanto al cuore religioso, però, ci sono i concerti in piazza, le giostre che illuminano la notte, le luminarie che risplendono e i fuochi che – puntualmente – fanno discutere.
Eppure, la vera tradizione non si esaurisce qui. C’è un altro rito, parallelo e inossidabile: quello delle chiacchiere. Ogni anno, come un copione già scritto, arrivano i commenti. A volte sono leggeri, goliardici, quasi un gioco.
Altre volte, invece, diventano più pesanti, usati come rivendicazioni personali da chi avrebbe voluto fare, convinto di saper fare, ma che in realtà non ha mai fatto nulla. Ed è in quel momento che spunta il critico perfetto: bravissimo a spiegare a chi si mette la faccia quello che lui non ha mai messo alla prova, ma che “saprebbe fare meglio”.

E il lancianese è così. Siamo così. La critica fa parte del nostro DNA, tanto quanto la devozione e la festa stessa. Senza il brusio, senza il giudizio, senza le battute al veleno o le risate goliardiche, le Feste di Settembre non sarebbero le stesse.
In questo sta l’identità di una città particolarissima, che nel circondario porta con sé anche il soprannome, ironico e affettuoso, di “li Fria Cristo”, legato alla leggenda della Ricciarella: la donna che mise l’ostia consacrata sul fuoco per un filtro d’amore.
Sacro e profano, fede e critica, devozione e ironia. È questa la miscela unica che fa di Lanciano Lanciano. E che rende le Feste di Settembre non solo una celebrazione, ma uno specchio in cui la città si guarda e si riconosce, anno dopo anno.
- Clara Labrozzi








