Con Sant’Egidio si aprono ufficialmente le feste lancianesi. Sono le feste della memoria, dei ricordi di famiglia e d’infanzia, quelle che segnano il passaggio dall’estate al cuore dell’autunno e introducono i quindici giorni che conducono fino alla Madonna del Ponte, patrona del popolo frentano.
La festa cambia, come cambiano i tempi, ma resta intatto il suo spirito: quello di una città che si ritrova, che si riconosce nei suoi suoni, nei suoi profumi e nei suoi gesti. A cominciare dalle campanelle, simbolo per eccellenza di Sant’Egidio. “Bombe e campane ecche Langiane”, …i rintocchi dalla Torre della Squilla scandiscono le giornate, e il 23 dicembre la campanella della Madonna del Ponte diventa abbraccio caldo che unisce i lancianesi di ieri e di oggi, ovunque essi si trovino.
Le campanelle, un tempo piccolo dono d’amore, restano protagoniste della fiera. Si comprano ancora agli innamorati, lungo bancarelle forse meno caratteristiche di un tempo, ma che sanno ancora custodire il sapore autentico della tradizione. Una volta si regalavano anche cestini o animaletti in terracotta; per i bambini era il sogno ricevere un giocattolo tanto desiderato, magari insieme a caramelle, dolciumi e zucchero filato.

Così la fiera di Sant’Egidio diventa porta d’ingresso di un periodo che unisce devozione, famiglia e comunità. Ogni campanella è un ricordo: una nascita, una partenza, un amore che nasce o che non c’è più. C’è chi continua a comprarle per i propri cari lontani, chi le porta sulle tombe degli innamorati perduti, perché quel suono leggero è promessa di memoria e di fedeltà.

E allora, anche chi ogni anno dice “no, non ci andrò”, finisce sempre per tornare a casa con una campanella nuova. Perché a Lanciano le campanelle non sono semplici oggetti: sono scrigni di vita, di storie, di emozioni. Sono il “dindalì che sa d’amore”, come scriveva il poeta Cesare Fagiani, e che puntualmente ricomincia a risuonare la sera del 31 agosto, quando Sant’Egidio segna l’inizio della festa e dell’abbraccio collettivo della città.