Tra silenzi istituzionali e grida che nessuno sente, il carcere in Abruzzo è diventato un luogo dove il tempo non passa mai, dove la dignità si logora lentamente, tra muri scrostati, brande a castello e celle sovraffollate.
Il dramma, perché di questo si tratta, si consuma ogni giorno, nascosto dietro le cifre. Teramo, Pescara, L’Aquila, Avezzano: quattro nomi, quattro strutture penitenziarie, un’unica emergenza. E in mezzo, esseri umani che attendono una seconda possibilità o che, più spesso, vengono dimenticati.
Teramo: 417 corpi in uno spazio pensato per 231
La casa circondariale di Castrogno non ha bisogno di retorica: bastano i numeri. Su 231 posti regolamentari, ospita stabilmente oltre 410 detenuti. In alcune celle si dorme in quattro, uno dei quali sul pavimento, con la finestra sigillata e l’acqua che esce solo fredda. Non è una leggenda urbana: è la quotidianità.
Nel 2024, tre suicidi. Ventisette tentativi. Novantotto atti di autolesionismo. Ogni numero è una storia che non verrà raccontata, ma che racconta da sola l’abisso in cui si può cadere quando si finisce dentro.
Il personale è stremato. Chi lavora lì parla di turni infiniti, ferie negate, educatori insufficienti e infermieri che fanno quello che possono, quando possono.

Pescara: fuoco, urla, solitudine
A San Donato la situazione non è meno grave. A maggio 2023 un detenuto si è tolto la vita, in silenzio, mentre il carcere, attorno, procedeva nella sua normalità fatta di orari rigidi e passi nei corridoi. Pochi giorni dopo, un altro ha provato a suicidarsi appiccando un incendio. Lì i posti disponibili sono 120. I presenti? Sempre sopra i 160.
Un solo psichiatra. Nessun mediatore. Educatori a rotazione. E poi il grido muto di chi sta male, ma non viene ascoltato finché non è troppo tardi.
L’Aquila e Avezzano: il disagio psichico senza cura
A Preturo, nel carcere di massima sicurezza, un detenuto in 41-bis ha tentato il suicidio. È stato salvato. Nessuno, però, si chiede come stia oggi. Avezzano, invece, fa notizia per un tentativo sventato e per una richiesta rimasta sospesa: più personale, più psicologi, più umanità.
Nei due istituti il problema non è solo sanitario. È anche culturale. Manca un’idea, un progetto, una visione. Il carcere non può essere solo contenimento. Ma oggi, in Abruzzo, spesso lo è.
Parole e Costituzione
La Costituzione dice che la pena deve tendere alla rieducazione. Ma chi ha varcato i cancelli delle carceri abruzzesi – non per un’intervista ma per viverle, anche solo un’ora – sa bene che lì dentro si sopravvive, al massimo. Rieducarsi? Impossibile, se non c’è spazio, se non c’è ascolto, se non ci sono programmi. La dignità non si impone per legge: si costruisce.
. Dennis Spinelli