Una voce fuori dal coro. Dopo giorni di indignazione e sconcerto per l’aggressione subita da una ragazzina in un parco di Chieti Scalo, arriva la presa di posizione pubblica del padre di una delle adolescenti coinvolte nel pestaggio. Un atto raro, in un contesto spesso dominato da silenzi e rimozione. “Mi assumo le mie responsabilità – ha dichiarato al Centro – e chiedo perdono ai genitori della ragazza ferita”.
Una dichiarazione che fa notizia, ma non può da sola ricucire le fratture aperte da una violenza tanto grave quanto incomprensibile.
Un’aggressione feroce, un video virale
Tutto è iniziato con un video diventato virale in poche ore. Una ragazzina, accerchiata e picchiata da un gruppo di coetanee, in pieno giorno e alla presenza di altri giovani che filmano e ridono. Nessuno interviene. Le immagini, riprese con un cellulare e condivise in chat, sono finite nelle mani delle forze dell’ordine.
La minore è finita al pronto soccorso, con lesioni fisiche e — probabilmente — ferite psicologiche ben più profonde. L’indagine è in corso, e diverse ragazze sono già state identificate.
Il padre: “Mia figlia ha sbagliato. Non ci sono scuse”
Il genitore che ha deciso di esporsi pubblicamente ha scelto parole nette: ha parlato di una responsabilità educativa mancata, ha condannato il gesto senza cercare alibi, e ha definito “inaccettabile” quanto accaduto. Un passo non scontato, in tempi in cui la tendenza è spesso quella di minimizzare o giustificare.
Ha anche raccontato di aver già chiesto di far intraprendere un percorso psicologico alla figlia, perché — come ha detto — “non basta un rimprovero. Serve un lavoro più profondo, da ricostruire”.
Dietro il bullismo, il vuoto
La vicenda, al di là dell’episodio, solleva domande che riguardano tutti. Dove sono gli adulti? Cosa stiamo trasmettendo alle nuove generazioni? Quanto influiscono i modelli violenti che circolano online? E, soprattutto, quanto siamo pronti ad affrontare il disagio emotivo e identitario che cresce, silenziosamente, nei nostri ragazzi?
L’aggressione di Chieti Scalo non è un caso isolato, ma la punta di un iceberg che riguarda anche l’Abruzzo. Solo nel 2024, i casi di bullismo e cyberbullismo registrati dalle scuole della regione sono cresciuti del 23%, secondo l’Ufficio scolastico regionale. Molti, però, restano nell’ombra, per vergogna o per paura.
E adesso?
L’indagine va avanti. Le ragazze coinvolte saranno ascoltate dai magistrati del tribunale per i minorenni. Ma il lavoro vero inizia ora: quello educativo. Perché servono parole, sì, ma soprattutto azioni. Serve più scuola, più ascolto, più presenza adulta. Serve anche più responsabilità collettiva.
Perché il bullismo non nasce da solo. Si nutre di indifferenza, di spettacolarizzazione, di assenza. E quando un genitore — anche uno solo — ha il coraggio di dire “mia figlia ha sbagliato, è anche colpa mia”, non è un titolo. È un piccolo, prezioso atto di disintossicazione sociale.
- Dennis Spinelli