Il Sud Africa è un paese meraviglioso ma dalle grandi contraddizioni: alla straordinaria bellezza di una terra ricca di paesaggi mozzafiato e scorci naturalistici, fanno da contraltare tantissimi problemi come la corruzione dilagante, l’alto tasso di criminalità, la disoccupazione e profonde disuguaglianze socio-economiche.
La Rainbow Nation, sognata ed immaginata da presidente Nelson Mandela, e resa in maniera esemplare da Clint Eastwood nel film “Invictus”, resta una realtà multiforme, colorata ed affascinante ma che stenta a decollare e fatica a tenere il confronto con le grandi nazioni della terra.
Nel grande paese africano c’è anche un pò di lancianesità, visto che per alcun mesi vivrà e lavorerà a Johannesburg il dottor Alessandro Rapino. Alessandro non ha seguito le orme del padre Antonio e dei fratelli Andrea e Alberto, proprietari dello storico negozio di ottica, ma ha intrapreso da alcuni anni la professione medica.
“Mi sono laureato in Medicina a L’Aquila – sottolinea a Videocittà Alessandro – ed ho lavorato a Milano durante il periodo della pandemia. Nel 2021 mi sono spostato a Faenza in Emilia Romagna dove vivo tutt’ora con mia moglie. Dal 2022 sono iscritto all’università di Ferrara dove mi trovo al quarto anno della specializzazione in Medicina di Emergenza e Urgenza.
Durante la specialità – afferma Alessandro- abbiamo delle rotazioni ufficiali da seguire perché, alla fine del percorso accademico, ognuno di noi deve maturare un tot di esperienza in diversi reparti. Nel resto del tempo ci si può organizzare tra studio e lavoro come meglio si crede. Nei cinque anni di specialità riceviamo solo una borsa di studio e non un vero e proprio stipendio.
Durante questi cinque anni puoi fare delle esperienze “extra” per acquisire ulteriori competenze e delle skills che ti serviranno nel lavoro: una di queste è rappresentata da questi tre mesi che sto vivendo in Suda Africa. Mi trovo a Johannesburg (una delle metropoli più importanti del paese) e lavoro nel pronto soccorso del “Chris Hani Baragwanath Hospital” un noto trauma center tra gli ospedali più grandi ed importanti della nazione.
L’entusiasmo e la voglia d’intraprendere una nuova esperienza sono stimolanti ma, come dicevamo, in Sud Africa le criticità sono tante.
“Prima di venire qui – afferma ancora Alessndro – non conoscevo la situazione di questo paese e soprattutto l’alto livello di criminalità. In particolare a Johannesburg dove intorno al centro città, si trovano vaste distese di periferie degradate chiamate township.
L’ospedale dove lavoro è ubicato proprio a Soweto, che è una delle township principali. Sono venuto qui soprattutto per imparare come vengono trattate le ferite da arma da fuoco e da arma bianca. Purtroppo il grado di criminalità è così alto che in un solo giorno possono venire in ospedale più di trenta persone accoltellate o con ferite da pistole e armi del genere.
Solo durante il primo turno fatto qui (e che dura ben 24 ore) ho visto 28 persone ferite in aggressioni o in scontri di vario tipo: se pensi che in Italia queste cose non succedono quasi mai, puoi renderti benissimo conto di come sia dura la situazione.
Inoltre ci sono spesso difficoltò tecniche, si lavora con pochissime risorse, spesso mancano gli strumenti adeguati come siringhe o guanti delle giuste misure, non sempre hai disponibile quello di cui hai bisogno. Con questo non voglio dire cheil Sud Africa è un posto del Terzo Mondo però anche girando in città e fuori dall’ospedale, noti tanta povertà che, se non vista con i propri occhi, è difficile da comprendere per noi italiani e europei.
Ogni casa in cui vivono cittadini benestanti, ha spesse mura intorno con il filo elettrificato o spinato. Nonostante io qui continui a ricevere la mia borsa di studio, figuro come volontario e, in particolar modo il reparto dove lavoro, è retto quasi esclusivamente da personale medico di provenienza europea.
I professionisti non africani sono tantissimi ed i medici sud africani sono solo sette sui trenta-quaranta totali: Tra i tanti qui, ho incontrato anche specializzandi che arrivano da Milano.
E’ senza dubbio un’esperienza unica, stimolante ma anche pesante sia a livello emotivo che professionale: fortunatamente la presenza di una collega di Ferrara mi aiuta e ci supportiamo a vicenda. Alcuni giorni fa ci è capitato di soccorrere un bambino piccolo che poi purtroppo non ce l’ha fatta, oppure ti relazioni con persone ferite che chiedono di essere ricoverate per paura di tornare a casa e morire a causa di qualcuno e questo purtroppo accade sempre, sia di giorno che di notte. Non ti abitui mai davanti al dolore di una tragedia“.
Alessandro nonostante si trovi in Africa e viva e lavori in Emilia Romagna, non ha certo dimenticato la sua città.
“Tra poco inizia un periodo particolare, visto che per Natale non potrò tornare a casa e perderò l’appuntamento con la Squilla, che per noi frentani rappresenta tanto e questa, è una delle cose che mi dispiace di più. Al tempo stesso sono conscio di aver fatto questa scelta, che oltre ad essere un’esperienza di vita mi aiuterà a formarmi professionalmente.
Quello con Lanciano è un rapporto molto forte e, anche se in molti mi chiedono se un giorno mi piacerebbe tornare in patria, io rispondo francamente che non so ancora quale sarò il mio futuro. Ad oggi credo non ci siano le condizioni per lavorare bene come nei luoghi in cui vivo. Inoltre se un giorno dovessi tornare, mi piacerebbe farlo riportando qualcosa delle mie esperienze in giro per il mondo come questa che sto vivendo in Sud Africa”.
. Simone Cortese