ORTONA- Si è concluso intorno alle 10.15 di questa mattina lo sbarco dei 64 migranti portati in salvo dalla Life support della ong Emergency. Il gruppo è stato soccorso in due diversi interventi in acque internazionali della zona Sar maltese. Un attracco che avviene in un giorno particolare ovvero nel giorno in cui tre anni fa moriva Gino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency.
Proprio la nave di Emergency per svolgere missioni di search end rescue, era l’ultimo grande progetto di Gino Strada.
Per questo sulle murate della Life support, è scritta una sua frase: “I diritti sono di tutti, altrimenti chiamateli privilegi”, che riassume la filosofia che ispira tutti i progetti dell’ong.
In tutto sono 65 le persone soccorse in questa missione, tra cui una donna, tre minori accompagnati e sette minori che viaggiavano da soli, ma durante la navigazione all’altezza di Roccella Jonica è stata necessaria una evacuazione medica per un minore non accompagnato che è stato ricoverato in ospedale nella città calabrese a causa di ripetute crisi epilettiche.

I naufraghi provengono da Egitto, Eritrea, Siria e Bangladesh, resteranno tutti in Abruzzo suddivisi nei cas delle 4 province
«Nel mio Paese sono stato minacciato più volte per le mie idee – racconta un ragazzo siriano a bordo – avevo paura per la mia incolumità e di esser fatto sparire come tante altre persone negli scorsi anni in Siria, quindi ho deciso di partire per provare a raggiungere l’Europa. Il viaggio è durato più di due anni e solo ora sono riuscito ad andarmene dalla Libia, dove fin da subito la mia esperienza è stata segnata da violenza e da sfruttamento, in balia di trafficanti, miliziani, polizia. Ho tentato di fare il viaggio nove volte e per otto volte sono stato arrestato, oppure la nostra barca si è rotta poco dopo la partenza e siamo dovuti tornare indietro a nuoto. Durante questi due anni e passa, con i miei compagni di sventura siamo stati picchiati, torturati, venduti come merce da un gruppo di milizie all’altro».
Un ragazzo del Bangladesh invece spiega:
«Me ne sono andato dal mio paese perché mi era stato promesso un lavoro sicuro e una vita tranquilla in Libia, ma non sapevo quello a cui andavo incontro. Ci sono delle persone in Bangladesh che ti convincono a partire per la Libia per lavorare, in realtà quando ci sono arrivato insieme a un gruppo di ragazzi ci hanno portati in una casa in mezzo al nulla dove ci tenevano rinchiusi, finché non ci hanno portati a lavorare in un supermercato. Un mese e mezzo dopo aver iniziato a lavorare ancora non mi avevano pagato il primo stipendio. sono scappato e ho deciso di provare a raggiungere l’Europa. La barca che ci hanno dato era piccolissima, ma non potevo tornare indietro, dovevo partire, non sarei mai tornato in Libia».
Le operazioni di accoglienza sono state coordinate dalla Prefettura di Chieti, in una procedura ormai ben rodata. Si tratta, infatti, del quinto sbarco nel 2024, e dell’undicesimo dal febbraio 2023.
- Daniela Cesarii