BRUXELLES – Il Parlamento Europeo ha deciso: il lupo non sarà più “rigorosamente protetto”, ma soltanto “protetto”. Un cambiamento semantico che, nella pratica, apre le porte a una nuova gestione della specie, compresa la possibilità di abbattimenti controllati. È l’inizio di una nuova era per il predatore simbolo della wilderness europea? O il preludio a un progressivo ritorno all’invisibilità forzata?
Il voto, sostenuto da 371 eurodeputati, ha modificato la Direttiva Habitat, declassando lo status del lupo dall’Allegato IV all’Allegato V. In apparenza un passaggio tecnico, ma in realtà una svolta politica e culturale. Perché toccare la protezione di una specie come il lupo significa toccare il senso stesso del nostro rapporto con la natura.
Un successo della diplomazia rurale o una sconfitta della visione ecologica?
Da un lato, le comunità montane e rurali che da anni denunciano gli impatti sugli allevamenti e chiedono “buon senso” nella gestione dei predatori. Dall’altro, le associazioni ambientaliste che parlano di “precedente pericoloso”, ricordando che il lupo non è ancora al sicuro, che la sua presenza resta fragile in molte regioni e che la coesistenza è un obiettivo, non un ostacolo.
Il WWF e Legambiente avvertono: questa decisione rischia di trasformare la gestione in soppressione. Non si tratta più solo di salvare il lupo, ma di proteggere un’idea di Europa dove la biodiversità non è un ostacolo, ma una risorsa.

Italia divisa, l’Abruzzo osserva
In Italia il dibattito è acceso. Il governo invita alla cautela: la nuova normativa non significa che il lupo diventi automaticamente cacciabile, e ogni azione dovrà comunque rispettare il principio di proporzionalità. Ma in molte regioni – dal Piemonte all’Abruzzo – già si parla di “alleggerire la pressione” e “riprendere il controllo”.
Eppure, nel cuore dell’Abruzzo, dove la presenza del lupo è tornata silenziosamente negli ultimi decenni, il futuro appare incerto. Il rischio è che il declassamento autorizzi derive locali senza visione comune, mettendo a rischio decenni di lavoro per il ripristino di un equilibrio ecologico tanto fragile quanto prezioso.
Una scelta simbolica, più che tecnica
Il lupo in Europa è diventato più di un animale: è un simbolo. Rappresenta il ritorno della natura nei luoghi che l’uomo aveva svuotato. La sua protezione era il segno che si poteva, forse, imparare a convivere. Ma la convivenza non è mai facile: chiede investimenti, educazione, compromessi. E oggi sembra che molti preferiscano la via più breve, quella dei fucili e dei decreti.
Cosa ci dice davvero questa decisione?
Che il futuro del lupo sarà deciso non tanto nelle aule di Bruxelles, ma sul campo, nelle scelte quotidiane dei territori. Che l’Europa ha scelto di lasciare più libertà agli Stati membri. Ma anche che ora più che mai serve una strategia comune, capace di tenere insieme la tutela della biodiversità e la sopravvivenza delle comunità.
La domanda ora è: vogliamo davvero un’Europa senza lupi? O abbiamo il coraggio di immaginare un futuro in cui natura e civiltà possano ancora camminare insieme?
. Dennis Spinelli