Di fronte all’ennesima locandina promozionale che sbuca tra i social o sui muri cittadini, sorge spontanea una domanda: nel 2025 siamo davvero ancora fermi al binomio “donna ammiccante + slogan scontato” per attirare l’attenzione su eventi locali? La risposta, purtroppo, è sì.
Che si tratti della presentazione di un nuovo locale, di una serata a tema o di una festa pseudo-culturale, il corpo femminile — spogliato, ritoccato, posizionato in pose ammiccanti — continua ad essere il mezzo preferito per fare pubblicità. Non la creatività, non la qualità dell’iniziativa, ma una scorciatoia vecchia, pigra e profondamente sessista.
Eppure, in parallelo, si parla di parità, inclusione, empowerment. Parole grandi, belle, importanti. Ma che si svuotano di senso quando nella pratica quotidiana si continuano a perpetuare stereotipi che riducono le donne a semplici strumenti decorativi.
Un messaggio tossico anche per i più giovani
Oltre al problema culturale, c’è un’altra questione da non sottovalutare: l’impatto che questi modelli comunicativi hanno sugli adolescenti. Esposti continuamente a immagini di corpi idealizzati e pose artificiali, i più giovani — in particolare le ragazze — crescono con l’idea distorta di una perfezione fisica da inseguire a tutti i costi. Una perfezione che, nella realtà, non esiste. Il risultato? Disagio, insicurezza, frustrazione. Un circolo vizioso alimentato da chi, per vendere un biglietto o attirare click, preferisce sacrificare il buon senso.
Dov’è la parità?
Se proprio dobbiamo basare la comunicazione su corpi esibiti, almeno che ci sia equità: perché non vediamo mai locandine con bei ragazzotti muscolosi, magari oliati e sorridenti? Forse il problema non è il corpo, ma la scelta sistematica di quale corpo mettere in vetrina.
La mercificazione è una scelta, non una necessità
Ci sono modi creativi, intelligenti e anche provocatori per promuovere un evento senza cadere nella trappola della mercificazione. Chi sceglie di non farlo, chi continua a usare il corpo femminile come calamita per like e presenze, compie una scelta consapevole. E quella scelta parla forte.
Il corpo di una donna non è un manifesto pubblicitario. Non è un’esca. Non è una scorciatoia.
Chi lo tratta come tale non solo è rimasto indietro, ma dimostra anche una desolante mancanza di idee.