L’Italia ha perso tre posizioni nella classifica 2025 sulla libertà di stampa pubblicata da Reporters Sans Frontières, scivolando al 49° posto su 180 Paesi. È un dato che merita attenzione: non si tratta di un crollo verticale, ma di un segnale da interpretare con lucidità e senso critico.
Con 68,01 punti su 100, l’Italia entra ufficialmente nella categoria dei Paesi con una “situazione problematica”, secondo i criteri dell’organizzazione.
La fotografia scattata da RSF mette in luce un contesto complesso, dove la libertà di informazione non è messa in discussione nei principi fondamentali, ma incontra ostacoli e tensioni crescenti nel quotidiano.
In particolare, a pesare sul punteggio italiano sono stati fattori di natura politica e giudiziaria: la proposta di una nuova normativa sulle intercettazioni, letta da molti come una “legge bavaglio”, ha riacceso il dibattito sull’equilibrio tra diritto all’informazione e diritto alla privacy.

Allo stesso tempo, la pressione nei confronti dei giornalisti che si occupano di criminalità organizzata o potere politico rimane alta, soprattutto nel Mezzogiorno.
Il fenomeno delle intimidazioni, delle minacce anonime e delle querele temerarie continua a rappresentare un freno non solo alla libertà, ma anche alla serenità professionale dei cronisti d’inchiesta.
E tuttavia, va riconosciuto che negli ultimi anni sono aumentate le misure di tutela per i giornalisti minacciati, grazie anche al lavoro congiunto di istituzioni, ordini professionali e associazioni come Ossigeno per l’Informazione.
Ma non tutto è negativo. L’Italia continua a vantare un pluralismo editoriale significativo, con una varietà di voci e orientamenti che rendono vivace il panorama mediatico. Le piattaforme digitali hanno dato spazio a nuove forme di giornalismo indipendente, spesso portato avanti da giovani redazioni agili, capaci di fare inchiesta e approfondimento anche con risorse limitate.
Inoltre, si rafforza il ruolo del pubblico nel pretendere un’informazione di qualità: sempre più lettori sostengono direttamente le testate che ritengono affidabili, con abbonamenti, donazioni e condivisione dei contenuti. Una tendenza che segnala un cambiamento culturale: la libertà di stampa non è più percepita come un diritto “dei giornalisti”, ma come un valore collettivo da difendere ogni giorno.
Non mancano tuttavia le sfide. La sostenibilità economica del giornalismo, la concentrazione degli assetti editoriali, l’uso distorto delle informazioni sui social media e la difficoltà di distinguere il fact-checking dalla propaganda sono solo alcuni dei nodi irrisolti.
Il 49° posto in classifica non è un giudizio definitivo, ma un invito a riflettere. La libertà di stampa è una conquista che non si misura solo nelle leggi, ma anche nel clima sociale e culturale in cui si lavora. Ed è proprio in questo clima che l’Italia deve continuare a crescere, investendo su educazione civica, informazione di qualità e protezione reale per chi ogni giorno racconta il Paese, con onestà e rigore.
- Dennis Spinelli