Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha recentemente lanciato un appello che sta facendo molto discutere nel mondo della scuola: meno compiti a casa, no ai carichi eccessivi assegnati la sera tardi sul registro elettronico, e una riscoperta del caro vecchio diario cartaceo.
Una presa di posizione che va nella direzione di un’educazione più equilibrata, attenta non solo al rendimento scolastico, ma anche al benessere psicofisico di studenti e famiglie.
Tra le indicazioni del ministro, spicca in particolare l’invito ai docenti a non caricare di verifiche e interrogazioni gli stessi giorni e a programmare con maggiore attenzione il lavoro domestico degli alunni. Il registro elettronico, strumento ormai onnipresente nelle scuole, viene spesso aggiornato anche in tarda serata, costringendo le famiglie a riorganizzare di corsa la giornata successiva per fronteggiare i “compiti dell’ultimo minuto”.

Un’abitudine che crea disagio, ansia e frustrazione, soprattutto per i genitori che lavorano o che hanno più figli da seguire.
Valditara propone invece un ritorno alla scrittura dei compiti sul diario cartaceo, che responsabilizza gli studenti e li rende più autonomi. Una proposta che sa di nostalgia, ma che ha anche una valenza educativa profonda: abituare i ragazzi alla gestione del tempo e del proprio impegno, senza delegare tutto alla tecnologia.
Sul fronte dei compiti, il discorso è altrettanto delicato.
Le famiglie lo sanno bene: ogni pomeriggio è una corsa ad ostacoli tra esercizi di matematica, versioni di latino, letture da terminare e ricerche da completare. Troppo spesso il tempo libero viene sacrificato, e con esso le attività sportive, la socialità e persino il riposo. A questo si aggiunge un dato che gli studenti lamentano di frequente: molti dei compiti assegnati non vengono nemmeno corretti in classe. E allora sorge spontanea la domanda: a cosa serve assegnare decine di esercizi se poi non c’è un ritorno formativo?
Il ministro non dice di abolire i compiti – e sarebbe impensabile farlo – ma suggerisce una misura più ragionata: meno quantità, più qualità. Un compito mirato, calibrato sugli obiettivi didattici e seguito in aula con attenzione, può risultare molto più efficace di un accumulo di esercizi ripetitivi e meccanici.
Le parole di Valditara aprono un dibattito importante, che riguarda non solo l’organizzazione scolastica ma anche la visione di scuola che vogliamo per il futuro: una scuola che educhi senza schiacciare, che esiga senza stressare, che formi senza alienare. E che tenga conto, finalmente, del fatto che dietro ogni alunno c’è una famiglia, una quotidianità, un equilibrio da preservare.
Che sia questo l’inizio di una nuova stagione educativa, fatta di ascolto, rispetto e buon senso? Ce lo auguriamo, per il bene di tutti.