La Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha messo sotto scacco un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga tra la Lombardia e l’Abruzzo. Tra gli indagati figurano due uomini originari della provincia di Chieti: un 31enne operaio di Guardiagrele, attivo nel territorio di Fossacesia, e un 33enne di Lanciano, residente in provincia di Como, ufficialmente impiegato come “chef de rang” in un ristorante in Svizzera.
Secondo i pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco, i due abruzzesi avrebbero fatto parte di un’associazione criminale strutturata, attiva almeno dal settembre 2019 e con base a Rozzano, alle porte di Milano. L’organizzazione gestiva il traffico di cocaina, hashish e marijuana, con smistamento anche nella provincia di Chieti.
Il centro nevralgico dell’attività in Abruzzo era Fossacesia, dove il 31enne riceveva ingenti quantità di marijuana per poi rivenderla. Gli investigatori parlano di cifre fino a 60.000 euro a settimana. Documentati due pagamenti: uno da 25.000 euro il 6 febbraio 2020 e uno da 20.000 una settimana dopo.

Il 33enne di Lanciano avrebbe avuto un ruolo logistico nell’organizzazione, coordinando le consegne e fungendo da tramite tra la base lombarda e i referenti abruzzesi. Entrambi sono accusati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, reato che prevede una pena minima di dieci anni di reclusione.
La droga, spesso già suddivisa in dosi, viaggiava su veicoli intestati a terzi o noleggiati. Anche le utenze telefoniche erano registrate a prestanome. A Rozzano e Locate di Triulzi l’organizzazione disponeva di immobili e capannoni utilizzati per nascondere, impacchettare e smistare la droga. Durante una perquisizione è stata trovata anche una pistola.
Le indagini, sostenute da numerose intercettazioni ambientali e telefoniche, hanno permesso di ricostruire la rete dei rapporti interni all’organizzazione, inclusi i flussi di denaro. Uno dei luogotenenti, in particolare, si recava regolarmente a Fossacesia per raccogliere i proventi dello spaccio.
Un’indagine che conferma come anche territori lontani dai grandi centri urbani possano diventare snodi cruciali nei traffici illeciti, con radici profonde e ramificazioni insospettabili.