Si è tenuto oggi pomeriggio, nella Chiesa di San Pietro a Lanciano, il funerale di Giuseppe Saraceni, conosciuto da tutti come “Pipino”. Il celebre ristoratore si è spento giovedì scorso, all’età di 84 anni, dopo una lunga malattia. Con lui se ne va un pezzo di storia della città, una figura amata e indimenticabile per generazioni di lancianesi che hanno condiviso momenti spensierati nella sua storica “Hostaria Pipino il Breve”. Pipino lascia la moglie Giulia e i figli Alessio e Ilaria, che lo hanno sempre sostenuto nella vita e nel lavoro.

Nato il 7 febbraio 1940 a Lanciano, Giuseppe visse una giovinezza intraprendente che lo portò a trasferirsi in Inghilterra, a Birmingham, dove iniziò la sua carriera nella ristorazione. Tornato in Abruzzo, attratto dalle sue radici, incontrò Giulia, una donna dolce e dal cuore grande, con cui condivise sogni, progetti e una vita intera.
Nel 1979, dopo esperienze all’estero, realizzò il suo sogno aprendo l’“Hostaria Pipino il Breve” in via Napoli che all’epoca era davvero periferia fra i palazzi popolari del quartiere di Olmo di Riccio.
Un luogo che, in breve tempo, divenne il cuore pulsante della convivialità lancianese, grazie alla semplicità e alla genuinità della cucina e all’atmosfera unica.
La sua fama è legata a piatti iconici:
Le “Penne alla vodka”, i “Cannelloni” fumanti e abbondanti (rigorosamente tre pezzi anziché due), il “Cordon bleu con patatine”, una sorta di palla strabordante di formaggio filante e prosciutto cotto, la valdostana cotoletta con panna e prosciutto ripassata al forno e gli spaghetti alla carbonara “frittatosa” degli anni ’80, quando guanciale e crema di pecorino erano sconosciuti.
Ogni piatto era accompagnato da pane fragrante, e il servizio da asporto permetteva alle famiglie, soprattutto alle mamme lavoratrici, di portare a casa i sapori autentici della tradizione.
Ma ciò che rendeva unico Pipino era il suo carattere solare e ironico
Chiunque abbia cenato nella sua hostaria ricorda le sue celebri gag: la finta di far cadere un piatto, il gesto scherzoso di rovesciare la tazzina di caffè, la mano tremolante che attirava sorrisi e applausi. Con le sue battute, come “Che i piatti vengano da me” o il simpatico “Trediceggiamo” al momento del conto, Pipino riusciva a trasformare un semplice pasto in un momento di festa.
Prenotare un tavolo nel weekend era quasi impossibile, ma il successo dell’hostaria non cambiò mai la sua essenza: una cucina abbondante e genuina, fatta di sapori autentici e accessibili a tutti. Con l’avvento dei ristoranti gourmet e dei gusti raffinati, Pipino rimase fedele a se stesso fino alla chiusura del locale, avvenuta otto anni fa.
La sua scomparsa segna la fine di un’epoca per Lanciano. Pipino era l’archetipo dell’oste: un uomo semplice, generoso, sempre pronto a regalare un sorriso e un buon piatto. Anche dopo la chiusura del suo ristorante, il suo spirito ha continuato a vivere nei ricordi di chi lo ha conosciuto.
Oggi, con la sua dipartita, Lanciano perde non solo un grande lavoratore, ma un simbolo della sua storia e delle sue tradizioni. Alla famiglia Saraceni vanno le più sentite condoglianze da parte della Redazione di Videocittà.
Che la terra ti sia lieve, Pipino.