Il Natale a Lanciano è molto più di una festa religiosa o un momento conviviale: è un viaggio nel tempo, un abbraccio che lega passato e presente grazie alla tradizione della “Squilla”. Questa antica usanza, che affonda le sue radici alla fine del 1500, è un rito che, nonostante il passare dei secoli, continua a pulsare nel cuore dei lancianesi.
La Squilla nasce grazie a Paolo Tasso, arcivescovo di Lanciano, che nel 1607 introdusse un pellegrinaggio penitenziale il 23 dicembre, per rievocare il cammino di Giuseppe e Maria verso Betlemme. I fedeli, accompagnati dal suono incessante delle campane, percorrevano il tragitto fino alla chiesetta dell’Iconicella. L’abbraccio pastorale che concludeva il pellegrinaggio diventò un simbolo di solidarietà e affetto, estendendosi anche all’ambito familiare.
Ancora oggi, ogni 23 dicembre, dalle 16:00 alle 18:00, i fedeli di Lanciano si ritrovano per il tradizionale pellegrinaggio verso la chiesetta dell’Iconicella. Alle ore 18:00, la campana della torre civica di Lanciano è la prima a dare il segnale: è quella campana, unica e inconfondibile, a invitare tutte le altre chiese della città a unirsi in un concerto che dura un’ora. I fedeli partecipano a una breve celebrazione liturgica di carattere penitenziale. Al termine, le famiglie tornano nelle case, ritrovandosi intorno all’anziano più caro per il rituale del baciamano e la declamazione del canto:
Allegrezza, ànema mia, Che te chiama lo tuo Dio: Allegrezza, ànema mia.
Il tutto si conclude con un pasto in famiglia, lo scambio di auguri e la benedizione dei genitori ai figli.
Nel sonetto dialettale “La Squije di Natale” di Cesare Fagiani, l’autore cattura l’essenza spirituale e nostalgica della Squilla. La “squilla”, con il suo suono delicato ma potente (“na vucetta fine”), “vùsciche di botte entr’a lu core”, evocando memorie e sentimenti sopiti. Questo suono, che porta con sé un “ndu-lin-da-li che sa d’amore”, diventa un richiamo universale, capace di raggiungere anche chi è lontano da Lanciano. Fagiani sottolinea il potere della tradizione nel riunire le anime, anche quando la quotidianità sembra sminuirne l’importanza: “La voce de lu ciele, pé ugnune, chi sa pecché! … le té sole a Natale!”
Se un tempo la Squilla rappresentava un momento sacro e comunitario, oggi la sua magia è offuscata da un cambiamento sociale e culturale. I centri commerciali sempre aperti, la frenesia del consumismo e l’indebolimento dei legami familiari hanno reso più difficile mantenere viva la purezza del rito. Gli anziani, custodi della tradizione, sono spesso scomparsi senza che i genitori abbiano saputo raccogliere le redini.
Eppure, la Squilla resta. Perché, come dice il dialetto lancianese, “ti vùsciche dentre a lu pette”: è un richiamo che tocca il cuore e risveglia l’identità. La Squilla è Lanciano, e Lanciano è la sua campanella. Anche in un mondo che sembra aver dimenticato i suoi ritmi antichi, il suono della Squilla continua a risuonare, ricordando ai lancianesi chi sono e da dove vengono.
Nonostante le difficoltà, la Squilla resta una tradizione viva, un legame tra passato e presente. Forse, recuperare la magia originale non dipende solo dal suono delle campane, ma dalla volontà di riscoprire quei valori di unità e amore che hanno sempre reso il Natale a Lanciano un momento unico.
Concludendo, mentre le campane continuano a suonare, ciò che davvero conta è mantenere viva l’anima della Squilla: quella forza che, ogni 23 dicembre, “squaje nu penzere malamente”, riempendo i cuori di speranza e amore.
.Clara Labrozzi
. Foto di Marino Testa