Roma- Dopo un anno di lavori del tavolo automotive presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dobbiamo constatare che l’intervento del Governo non solo non ha migliorato le cose, ma le ha perfino peggiorate. Nel 2023 si erano prodotte circa 800 mila vetture e si aveva una missione industriale, per quanto insufficiente, per ogni stabilimento italiano.
Nel 2024, anziché arrivare al milione sbandierato dal Ministro Urso, stiamo precipitando a circa 500 mila vetture e uno stabilimento, quello di Termoli, è stato privato del proprio piano di riconversione in gigafactory nonché depauperato della produzione di motori.
Perfino più dura la situazione delle imprese della componentistica e dei servizi, colpite dalla delocalizzazione del lavoro e dalla mancanza di commesse, con migliaia di lavoratori che stanno perdendo le tutele degli ammortizzatori sociali a causa dei limiti e degli oneri imposti dal famigerato Jobs Act.
Le cause sono oramai innegabili
Innanzitutto la politica europea di elettrificazione mal concepita e peggio ancora gestita, che sta mettendo in ginocchio l’intera industria dell’auto europea. Ebbe a noi ribadito, dopo che per anni purtroppo siamo rimasti inascoltati, la necessità di un cambiamento radicale da parte dell’Unione europea, affinché si restituisca la libertà ai cittadini di scegliere fra i vari tipi di motorizzazione, compresi l’ibrido e il diesel a basse emissioni.
Inoltre diventa sempre più evidente la scelta del disimpegno di Stellantis dall’Italia, che sta producendo un fermo pesantissimo in quasi tutti gli stabilimenti
Infine c’è la responsabilità di un Governo che, anziché trovare soluzioni per salvaguardare l’industria italiana, rafforzare gli ammortizzatori sociali e restituire competitività alle imprese, continua a minacciare un ‘divorzio’ da Stellantis di cui le vittime sarebbero i circa 200 mila lavoratori del settore e l’economia nazionale.
Non reputiamo credibile l’ipotesi, implicitamente e ripetutamente prospettata, di trovare una soluzione a tutti i problemi attraverso l’arrivo di un investitore cinese, che potrebbe costituire una opportunità solo se portasse nuove produzioni e non certo se si sostituisse agli attuali produttori.
Per questi motivi continueremo a cercare interlocuzioni con tutti coloro che, a iniziare dalle amministrazioni regionali, hanno a cuore come noi la salvaguardia del lavoro e dell’industria
Reputiamo necessaria una grande mobilitazione unitaria, che pretenda un cambio di strategia di Stellantis, l’allocazione in Italia di modelli di larga diffusione, la dimostrazione della volontà di riconversione sociale nella così detta transizione, un forte sostegno alle imprese e infine l’intervento del Presidente del Consiglio Meloni, reso indispensabile dalla gravità di ciò che sta accadendo al settore automotive.