Biagio di Sebaste, noto come San Biagio, è stato un vescovo e santo armeno, venerato dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa.
A San Biagio sono stati attribuiti diversi miracoli, tra cui il salvataggio di un bambino che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce; in molti luoghi quindi, proprio per questo miracolo da lui compiuto, proprio il 3 febbraio, è tradizione compiere la benedizione della gola con le candele benedette il giorno precedente (giorno della Madonna Candelora).
Di lui non si sa molto; si sa che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino (Oriente).
Catturato dai Romani fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo. Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente, quanto in Oriente, e fa parte dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari.
In Italia San Biagio è venerato in moltissime città e località, delle quali, di molte, è anche il santo patrono, e viene festeggiato il 3 febbraio in quasi tutta la penisola.
I suoi emblemi sono il bastone pastorale, la candela, la palma, e il pettine per lana, ed è ovviamente il protettore della gola.
Le reliquie di San Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea, città di cui è santo protettore: vi arrivarono nel 723 all’interno di un’urna marmorea con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma, viaggio poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia sul Mar Tirreno, a causa di una bufera.
Proprio qui, il Santo viene festeggiato per ben 2 volte l’anno; il 3 febbraio, come di consueto, e il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie, dove i festeggiamenti durano 8 giorni, dal primo sabato di maggio fino alla seconda domenica del mese.

E con San Biagio Lanciano ha un rapporto speciale. Una festa che sa di ricordi di infanzia di pennello ruvido sulla gola e di anice.
La meravigliosa e antichissima Chiesa dove ci si reca per tutta la giornata del 3 febbraio si trova nel quartiere di LancianoVecchia. La chiesa di S. Biagio è la più antica di Lanciano essendo citata in un documento del 1059.
E’ una struttura semplice, squadrata. Ci si accede da una porticina e si aspetta in fila pazientemente. Dopo l’unzione si scende nel suggestivo ipogeo romanico che con ogni probabilità il più antico luogo di culto, costituito da un unico ambiente absidato e poi, prima andare via, si prende una sottilissima candela da accendere nelle proprie case.


E poi, fra sacro e profano si consumano i Taralli di San Biagio, delle piccole ciambelle profumate all’anice, che ricordano la forma della gola.
La tradizione vuole che i dolcetti vengano regalati in Chiesa dopo la benedizione con le due candele.
Si tratta si un dolce semplice a base di pasta simile a quella del pane, la mia invece è la versione dolce più croccante e friabile.
Vogliamo condividere con voi la ricetta.
INGREDIENTI
- 500 g farina 00
- 4 uova medie
- 80 g olio d’oliva delicato
- 120 g zucchero (per me di canna)
- 10 g semini di anice
- 8 g lievito per dolci
- 1 pizzico scorza di limone non trattato grattugiata finemente
- q.b zucchero
ISTRUZIONI
- In una ciotola, rompere le uova ed aggiungere l’olio, i semini di anice e lo zucchero, amalgamando ben bene.Aggiungere poco alla volta la farina addizionata del lievito ed iniziare prima mescolando, poi impastando; unire anche la scorza del limone grattugiata e formare una bella palla di impasto.
- Accendere il forno e portarlo ad una temperatura di 180° statico; rivestire un paio di leccarde con carta forno.Distribuire in un piatto piano un po’ di zucchero (servirà per rotolarci dentro i taralli prima di cuocerli).
- Dividere l’impasto in una ventina di palline; formare con ciascuna di esse dei salamini di circa 15 cm di lunghezza, larghi un dito più o meno, che andranno rotolati nello zucchero.Chiudere ciascun salamino formando una ciambellina (tarallo), sormontando leggermente le estremità e, una volta terminato l’impasto, adagiarli tutti sulle teglie ben distanziati fra loro.
- Formati quindi tutti i taralli, infornare e cuocere prima una teglia e poi l’altra a 180° modalità statica per circa una ventina di minuti; si devono dorare ma non troppo.Estrarre le teglie dal forno e lasciar raffreddare completamente i taralli prima di metterli in un contenitore ermetico.
NOTE
Si conservano anche per alcune settimane tenuti in una scatola ermetica ben chiusa al riparo dall’umidità.